Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Moderatore: maudellevette
Regole del forum
Questa sezione è dedicata alle anteprime e ai racconti delle gare.
Nel titolo scrivete il nome della gara, la provincia e la data di svolgimento.
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Nel titolo scrivete il nome della gara, la provincia e la data di svolgimento.
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Con la storia del povero cinese che ha fatto il doppio dei chilometri e capisce solo il friulano stavo cadendo dal divano
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Boborosso, non dirlo in giro, ma in realtà io i tuoi racconti li leggo con piacere, era solo per scherzare un po'Boborosso ha scritto: ↑20/09/2023, 16:29 Che ci posso fare... sono uno che parla molto e in genere deve stare attento a non rincoglionire troppo chi mi sta vicino. Questo vale ancor di più quando sono stanco. Riporto questa caratteristica nella scrittura.
Ho cominciato a scrivere per ricordare. A distanza di anni ho paura che ricorderò solo di aver corso per un periodo. Emozioni, paure, difficoltà, tutto perso.
Chissenefrega dei km e del dislivello, ci sono gare con numeri simili ma per niente comparabili. Lascio ad altri la descrizione tecnica della gara.
Mircuz, mi avevi già avanzato in un altro racconto la stessa considerazione. Ne faccio tesoro, probabilmente sono pure d'accordo con te, ma non cambierò il mio modo di scrivere. Non è riuscita mia moglie a cambiarmi...
Scrivo per me, se altri vogliono tuffarsi nella mia avventura spero di riuscire a fargli cavalcare le mie emozioni, con le mie scarpe rovinate e il mio modo leggero di vivere e affrontare le difficoltà. Che figata l'ultratrail!
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Non ho nessun dubbio che se dovessi scambiare alcune parole con un cinese o con uno che parla friulano stretto avrei più possibilità di capire il cinese
Se il friulano è Boborosso inoltre non capire l'idioma è un vantaggio
Se il friulano è Boborosso inoltre non capire l'idioma è un vantaggio
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Settima tappa Morgins-Bouveret
44,6 km
2360 D+ e 3350 D-
La base vita di Morgins sembra essere all’interno di un albergo, non un albergo 5 stelle, comunque un posto carino. Ritiro il borsone e vado in zona pasti.
Come sempre, appena arrivo collego cellulare, frontale e orologio al power bank. Ogni base vita dava comunque la disponibilità di ciabatte USB posizionate nei posti più disparati, supponendo di averne bisogno avevo segnato ogni mio cavetto con lo scotch e il numero di pettorale, ma i power bank hanno retto da soli e sono ancora autonomo. Mangio ed è ancora tutto troppo piccante, la bocca non è ancora guarita… Fatto tutto questo mi sembra che sia già passata una vita, il tempo scorre troppo veloce, o forse sono lentissimo io. Chi fa la gara dei 170 o 100 km è velocissimo anche a mangiare, in confronto.
Salgo a fare la doccia, mi tolgo i calzini e vedo che le fasciature si sono spostate… devo sistemarle. Doccia e ripristino da solo per non perdere tempo facendo la coda dal podologo, sono seduto a terra, cercando di arrivare ai piedi con le mani senza spezzarmi le gambe. Il risultato è abbastanza soddisfacente. Vado a dormire, anche qui hanno letti veri, mi posso concedere solo 1 ora per poter uscire alle 22. Che in fin dei conti non sono nemmeno troppo stanco, ci metto almeno 5 minuti ad addormentarmi, di solito parto in 10 secondi.
21.50, ho chiuso il borsone e sto mangiando ancora qualcosa, metto nella solita bustina zip-lock un pezzo di torta… la bustina ormai sembra un agglomerato di bolo, cibo semi-masticato.
Alle 22.00 sono assieme a Olivier, il mio partner per quest’ultima notte. Siamo d’accordo di sfruttarci per la notte, poi con la luce del sole saremo liberi di prendere ognuno la sua strada.
22:10 usciamo e salutiamo i genitori di Olivier, che gli fanno da team di supporto.
Siamo freschi, cominciamo a parlare del più e del meno. Siamo molto compatibili e il tempo vola fino al ristoro successivo, sembra di essere appena partiti. Qui hanno i pancake salati, e la zuppa di cipolle, e prova a immergerci un po’ di formaggio in questa zuppa. Impieghiamo più tempo nel ristoro che ad aver fatto i 6 km e 500 d+ per arrivarci.
Questa tappa non è mai troppo difficile, le salite sono relativamente semplici e mai troppo lunghe.
Arriviamo alla prima cimetta e scivoliamo alla seconda. L’importante nell’ultima notte è non patire il sonno o avere problemi alle gambe, siamo tranquilli. Ci superano varie persone, sul percorso ci sono anche quelli che fanno “solo” 70 km, oltre ai 100 e 170.
Alla seconda cima ci fermiamo un attimo, in cielo c’è un’unghia di luna rossissima che sta spuntando. Ci sediamo ad ammirarla, spegniamo la frontale e guardiamo le stelle, si ferma assieme a noi un altro corridore a contemplare questa meraviglia. Nella valle si vedono le luci di un paesino. Si sente il raglio di un asino non troppo lontano. Non c’è fretta e ci alziamo solo quando siamo sazi e appagati dalle sensazioni di questa notte matta.
Mancano 30 km e vediamo le luci della cittadina di Montreux e davanti la sagoma di una vasta zona buia, è il lago di Ginevra, nostra destinazione finale.
Oliver mi racconta di sé, io gli racconto di me. E avanziamo. L’unica cosa a cui stare attenti in 2 è che almeno uno dei due controlli le balise.
Ad un bivio seguiamo le strisce catarifrangenti, dopo 500 metri troviamo un corridore canadese della 360 mezzo addormentato, lo raccogliamo con il cucchiaino e lo portiamo con noi. Non è molto in sé. Dopo altri 500 metri ci accorgiamo che non ci sono più balise… ci guardiamo in giro, eccole! In fondo alla valle, però.
Ritorniamo sui nostri passi… le strisce catarifrangenti erano dipinte su dei sassi e non erano quelle ufficiali della gara. Un errore sciocco ma che poteva starci. E per fortuna abbiamo sbagliato strada, altrimenti il canadese sarebbe rimasto lì, in eterno…
Scendiamo assieme, parliamo del più e del meno sempre in inglese, o perlomeno io parlo… gli altri due si stanno assopendo… dico ad entrambi che devono cercare di rimanere attivi, ma gli argomenti non sono molti quando si ha sonno. Prendo la situazione in mano: voi state davanti e io vi racconto delle barzellette. Traduco in inglese, non sempre è facile renderla, alla prima ridono, alla seconda il canadese l’abbiamo perso, sta ciondolando pericolosamente di lato, gli urliamo e si risveglia. Basta barzellette, lo tartasso di domande ma non è in grado nemmeno di formulare delle risposte di senso compiuto…
Arriviamo al ristoro e si lancia a dormire su una sdraio, all’aperto. Speriamo riesca a recuperare.
Nel ristoro c’è un bellissimo cartellone con quella che dovrebbe essere l’altimetria della gara, disegnata con un pennarello… sembra manchino 33 km e non 27… mi incacchio abbestia. Sono stufo di questi cambiamenti.
Mangio pasta, mi siedo ma resto in piedi, sono irrecuieto ma stanco. Riparto solo perché gli altri 2 sono pronti a partire.
Riguardo la foto che ho fatto al cartellone. 33 km…
La riguardo… 27+6=33.
Invece i 6 sono parte dei 27. Mancano 27 km all’arrivo e 6 al prossimo ristoro! Grasie, Signôr! Che sciocco che sono… o che stanco che sono…
Il canadese con 15 minuti di sonno è tornato parzialmente nel mondo dei vivi, diventa loquace ma le frasi hanno ancora poco senso.
Aurora.
Adesso parte una salita relativamente impegnativa. Lascio andare i miei due compagni e mi fermo a sistemare la scarpa, sento la suola interna della scarpa destra completamente sfondata. Non posso fare altro che mettere un po’ di crema sulla pianta e darmi un bacino sulla bua. La scarpa resisterà.
Riparto: Oh! Ma che velocità ho! Supero il canadese, proseguo quasi correndo su una pendenza del 35-40%, raggiungo e supero Olivier, che però non mi molla e mi segue a ruota.
Ad un certo punto gli dico che forse l’ho presa troppo allegra… ma non rallento né ci fermiamo fino a quando non ci parte ad entrambi la ridarola e non riusciamo più a respirare tra risate e lacrime… che deficienti! Ci sentiamo veramente invincibili in questo momento. Finiamo la salita e torniamo in modalità passeggiata della domenica. Ci facciamo un paio di foto e di video per ricordarci quanto scemi siamo.
Mi dice che manca poco ad un laghetto in cui c’è un campeggio e il prossimo ristoro. Procediamo a grandi falcate non perché siamo in gara, ma solo perché abbiamo le gambe lunghe.
Il ristoro di Taney è al freddo, sono le 7 e mezza di mattina ed è tutto coperto da rugiada. Hanno una specie di stufato, ne chiedo una porzione ma sono semplici funghi in scatola con la panna. Lo mangio volentieri, anche se l’apporto calorico è minimo. Mangio anche altro, il ristoro è ben fornito. Il clima è allegro. Arriva anche il Canadese che sta cercando di ritrovare un equilibrio.
Ripartiamo senza di lui, a breve dovrebbe rivedersi il lago di Ginevra anche se mancano 18 km. Dopo vari falsi avvistamenti eccolo, il lago dell’arrivo! Ci sediamo ad ammirarlo, non vogliamo andare là, stiamo bene qui… tra i monti… ancora per un po’. L’avventura sta finendo e sentiamo in bocca l’amaro della fine di qualcosa che abbiamo desiderato per mesi.
Arriva il nostro amico canadese, ci dice che è a rischio trombosi, che con l’ansia gli si restringono le vene, aumenta la pressione, aumenta ancora l’ansia, e di conseguenza aumenta anche il rischio trombosi… E’ in pappa… Amico, mio, trova un posto all’ombra sotto un albero e fatti un pisolino di 1 ora. Non c’è fretta. Riparte per cercare il posto ideale.
Ripartiamo anche noi, ma lo ritroviamo sull’ultima sella, decisamente in ansia e un po’ fuori di sé: fermati a dormire, se non trovi un posto mettiti direttamente in parte al sentiero ma fermati!
Scendiamo leggeri, sempre senza fretta. Ci raggiunge la coppia di friulani, ma come fate ad essere rimasti dietro a me? “Ci siamo fermati a dormire a Morgins 8 ore” … 8 ore… che bella vita…
Uno dei due mi racconta che ha trovato un concorrente che dormiva tutto accartocciato sul sentiero. Gli dico che ce l’ho messo io, e va bene così.
Arriviamo all’ultimo ristoro, trota e riso con le verdurine!
Mia moglie non ha mai smesso di tifarmi e smessaggiarmi per tutta la gara, adesso è eccitatissima che pare abbia fatto lei la gara da quanto è fiera di me e sta esultando!
Salitina facile e si parte per l’ultima discesa, arrivano da dietro i corridori della 170, della 100, della 70 e adesso si aggiungono anche quelli della 42 km… li senti che arrivano veloci e poi sfrecciano in parte a noi con un vvvvvvVVOOOOOMMMmmm!! Noi ci spostiamo di 5 cm, il tanto che basta per lasciarli passare e poi continuare i nostri discorsi. Non vogliamo tornare alla civiltà, ma purtroppo ad un certo punto ci siamo: Bouveret, con il rumore delle macchine, l’odore di pesce (è pur sempre un paese di pescatori affacciato su un lago) e l’asfalto e il cemento ogni dove.
Saluto chi incontro, ma non mi rispondono più. Siamo veramente arrivati alla “civiltà”.
Scendiamo sul molo, ormai non manca niente all’arrivo.
Sono da poco passate le 3 del pomeriggio, c’è un corridore della 360 km seduto, senza scarpe, ha fatto un pediluvio nel lago, i piedi che grondano acqua e sangue… come va? Non vorrai mica fermarti… mancheranno 300 metri… “no, perfavore, lasciatemi qui”, dai! Vieni con noi, ti accompagniamo fino all’arrivo, “no, fa troppo caldo, lasciatemi, aspetto vada giù un po’ il sole, poi pian piano arriverò…”.
Recupero la bandiera del friuli dallo zaino, arriverò con l’aquila sulle spalle.
Ci sono i genitori di Olivier, li salutiamo. Olivier mi dice “corriamo fino a lì?” ma io capisco solo corriamo e partiamo veloci senza fermarci. 1 km attorno al molo. Uno vede la mia bandiera e urla “Friul!”! Vedi, che anche in Svizzera riconoscono la bandiera di questo francobollo di terra! Mi esalto, corriamo!
La gente dice “bravo”, ma io mi sento quasi fuori luogo, la mia gara mentalmente è finita a Morgins e adesso non sento di meritarmelo, ho la sensazione di rubare i complimenti destinati a qualcun altro.
Giriamo, il rettilineo finale è su una banchina che entra nel lago, sui due lati acqua e barche.
Olivier parte dicendo “Viva la frice!” (viva la patata, in friulano… cosa si insegna, di notte, alla gente…).
Urlo a mia volta “Viva la friceee!”, una vecchietta mi guarda e mi dice “bravo”, è d’accordo con la mia affermazione, forse!
Ultimi 100 metri, raggiungiamo una ragazza che sta facendo la 360 km, si capisce da lontano che ha una contrattura alla coscia, fa un passo correndo e 4 zoppicando, è in sofferenza. Non ci sembra giusto superarla e ci affianchiamo, le facciamo aumentare il ritmo e lei cerca di tenere il passo, poverina… che disgraziati… la faccia di lei dice molto e si capisce che vorrebbe mandarci in un posto diverso dall’arrivo. Arriviamo assieme, per rispetto le lasciamo il passo all’ultimo metro e tagliamo il traguardo di questo pazzo viaggio.
Ci stendiamo sull’erba, ci danno una birra, siamo felici e sereni. Gente che arriva e si butta in acqua nel lago. Io vorrei farlo ma ho paura che mi parta un crampo o altro e non sia più in grado di risalire sulla riva.
Farò 2 ore di pausa e birre e poi mi incamminerò a ritirare i bagagli, facendo ancora i gradini a 2 a 2, facendo 1 km e mezzo per andare all’appartamento e 3 km per cenare. Sono ancora fresco. La stanca arriverà il lunedì, il grande sonno il martedì.
Domenica 10 settembre
Ci troviamo alle premiazioni, arrivo con le scarpe, vedo che tutti sono in ciabatte e mi adeguo. Piedi a vista, pieni di cerotti, di botte, di vesciche: raccontano storie di gente resiliente che ha attraversato posti incredibili affrontando il sonno e la stanchezza per un breve momento di gloria e per una soddisfazione interiore che rimarrà per tutta la vita.
Saluto facce che ho incontrato durante la gara, mi ritrovo nel mezzo di alcuni italiani: Dai ragazzi, alziamoci e diciamo insieme: “mai più nella vita”, è sempre lo stesso il motto, alla fine di ogni gara. Lo diciamo anche se non ci crede nessuno.
Salgo sul palco, con Paolo e Giulio sfoggiamo la bandiera friulana, in parte a quella di una regione cinese dei finisher asiatici. Che mondo strano: Giulio si ritrova a sostenere un angolo di entrambe le bandiere, non è friulano né cinese, ma poco importa. Siamo facce diverse, nordiche, asiatiche, mediterranee, tutte stanche e soddisfatte allo stesso modo.
Questa gara è una gran put..na, ma sto imparando a perdonarla.
44,6 km
2360 D+ e 3350 D-
La base vita di Morgins sembra essere all’interno di un albergo, non un albergo 5 stelle, comunque un posto carino. Ritiro il borsone e vado in zona pasti.
Come sempre, appena arrivo collego cellulare, frontale e orologio al power bank. Ogni base vita dava comunque la disponibilità di ciabatte USB posizionate nei posti più disparati, supponendo di averne bisogno avevo segnato ogni mio cavetto con lo scotch e il numero di pettorale, ma i power bank hanno retto da soli e sono ancora autonomo. Mangio ed è ancora tutto troppo piccante, la bocca non è ancora guarita… Fatto tutto questo mi sembra che sia già passata una vita, il tempo scorre troppo veloce, o forse sono lentissimo io. Chi fa la gara dei 170 o 100 km è velocissimo anche a mangiare, in confronto.
Salgo a fare la doccia, mi tolgo i calzini e vedo che le fasciature si sono spostate… devo sistemarle. Doccia e ripristino da solo per non perdere tempo facendo la coda dal podologo, sono seduto a terra, cercando di arrivare ai piedi con le mani senza spezzarmi le gambe. Il risultato è abbastanza soddisfacente. Vado a dormire, anche qui hanno letti veri, mi posso concedere solo 1 ora per poter uscire alle 22. Che in fin dei conti non sono nemmeno troppo stanco, ci metto almeno 5 minuti ad addormentarmi, di solito parto in 10 secondi.
21.50, ho chiuso il borsone e sto mangiando ancora qualcosa, metto nella solita bustina zip-lock un pezzo di torta… la bustina ormai sembra un agglomerato di bolo, cibo semi-masticato.
Alle 22.00 sono assieme a Olivier, il mio partner per quest’ultima notte. Siamo d’accordo di sfruttarci per la notte, poi con la luce del sole saremo liberi di prendere ognuno la sua strada.
22:10 usciamo e salutiamo i genitori di Olivier, che gli fanno da team di supporto.
Siamo freschi, cominciamo a parlare del più e del meno. Siamo molto compatibili e il tempo vola fino al ristoro successivo, sembra di essere appena partiti. Qui hanno i pancake salati, e la zuppa di cipolle, e prova a immergerci un po’ di formaggio in questa zuppa. Impieghiamo più tempo nel ristoro che ad aver fatto i 6 km e 500 d+ per arrivarci.
Questa tappa non è mai troppo difficile, le salite sono relativamente semplici e mai troppo lunghe.
Arriviamo alla prima cimetta e scivoliamo alla seconda. L’importante nell’ultima notte è non patire il sonno o avere problemi alle gambe, siamo tranquilli. Ci superano varie persone, sul percorso ci sono anche quelli che fanno “solo” 70 km, oltre ai 100 e 170.
Alla seconda cima ci fermiamo un attimo, in cielo c’è un’unghia di luna rossissima che sta spuntando. Ci sediamo ad ammirarla, spegniamo la frontale e guardiamo le stelle, si ferma assieme a noi un altro corridore a contemplare questa meraviglia. Nella valle si vedono le luci di un paesino. Si sente il raglio di un asino non troppo lontano. Non c’è fretta e ci alziamo solo quando siamo sazi e appagati dalle sensazioni di questa notte matta.
Mancano 30 km e vediamo le luci della cittadina di Montreux e davanti la sagoma di una vasta zona buia, è il lago di Ginevra, nostra destinazione finale.
Oliver mi racconta di sé, io gli racconto di me. E avanziamo. L’unica cosa a cui stare attenti in 2 è che almeno uno dei due controlli le balise.
Ad un bivio seguiamo le strisce catarifrangenti, dopo 500 metri troviamo un corridore canadese della 360 mezzo addormentato, lo raccogliamo con il cucchiaino e lo portiamo con noi. Non è molto in sé. Dopo altri 500 metri ci accorgiamo che non ci sono più balise… ci guardiamo in giro, eccole! In fondo alla valle, però.
Ritorniamo sui nostri passi… le strisce catarifrangenti erano dipinte su dei sassi e non erano quelle ufficiali della gara. Un errore sciocco ma che poteva starci. E per fortuna abbiamo sbagliato strada, altrimenti il canadese sarebbe rimasto lì, in eterno…
Scendiamo assieme, parliamo del più e del meno sempre in inglese, o perlomeno io parlo… gli altri due si stanno assopendo… dico ad entrambi che devono cercare di rimanere attivi, ma gli argomenti non sono molti quando si ha sonno. Prendo la situazione in mano: voi state davanti e io vi racconto delle barzellette. Traduco in inglese, non sempre è facile renderla, alla prima ridono, alla seconda il canadese l’abbiamo perso, sta ciondolando pericolosamente di lato, gli urliamo e si risveglia. Basta barzellette, lo tartasso di domande ma non è in grado nemmeno di formulare delle risposte di senso compiuto…
Arriviamo al ristoro e si lancia a dormire su una sdraio, all’aperto. Speriamo riesca a recuperare.
Nel ristoro c’è un bellissimo cartellone con quella che dovrebbe essere l’altimetria della gara, disegnata con un pennarello… sembra manchino 33 km e non 27… mi incacchio abbestia. Sono stufo di questi cambiamenti.
Mangio pasta, mi siedo ma resto in piedi, sono irrecuieto ma stanco. Riparto solo perché gli altri 2 sono pronti a partire.
Riguardo la foto che ho fatto al cartellone. 33 km…
La riguardo… 27+6=33.
Invece i 6 sono parte dei 27. Mancano 27 km all’arrivo e 6 al prossimo ristoro! Grasie, Signôr! Che sciocco che sono… o che stanco che sono…
Il canadese con 15 minuti di sonno è tornato parzialmente nel mondo dei vivi, diventa loquace ma le frasi hanno ancora poco senso.
Aurora.
Adesso parte una salita relativamente impegnativa. Lascio andare i miei due compagni e mi fermo a sistemare la scarpa, sento la suola interna della scarpa destra completamente sfondata. Non posso fare altro che mettere un po’ di crema sulla pianta e darmi un bacino sulla bua. La scarpa resisterà.
Riparto: Oh! Ma che velocità ho! Supero il canadese, proseguo quasi correndo su una pendenza del 35-40%, raggiungo e supero Olivier, che però non mi molla e mi segue a ruota.
Ad un certo punto gli dico che forse l’ho presa troppo allegra… ma non rallento né ci fermiamo fino a quando non ci parte ad entrambi la ridarola e non riusciamo più a respirare tra risate e lacrime… che deficienti! Ci sentiamo veramente invincibili in questo momento. Finiamo la salita e torniamo in modalità passeggiata della domenica. Ci facciamo un paio di foto e di video per ricordarci quanto scemi siamo.
Mi dice che manca poco ad un laghetto in cui c’è un campeggio e il prossimo ristoro. Procediamo a grandi falcate non perché siamo in gara, ma solo perché abbiamo le gambe lunghe.
Il ristoro di Taney è al freddo, sono le 7 e mezza di mattina ed è tutto coperto da rugiada. Hanno una specie di stufato, ne chiedo una porzione ma sono semplici funghi in scatola con la panna. Lo mangio volentieri, anche se l’apporto calorico è minimo. Mangio anche altro, il ristoro è ben fornito. Il clima è allegro. Arriva anche il Canadese che sta cercando di ritrovare un equilibrio.
Ripartiamo senza di lui, a breve dovrebbe rivedersi il lago di Ginevra anche se mancano 18 km. Dopo vari falsi avvistamenti eccolo, il lago dell’arrivo! Ci sediamo ad ammirarlo, non vogliamo andare là, stiamo bene qui… tra i monti… ancora per un po’. L’avventura sta finendo e sentiamo in bocca l’amaro della fine di qualcosa che abbiamo desiderato per mesi.
Arriva il nostro amico canadese, ci dice che è a rischio trombosi, che con l’ansia gli si restringono le vene, aumenta la pressione, aumenta ancora l’ansia, e di conseguenza aumenta anche il rischio trombosi… E’ in pappa… Amico, mio, trova un posto all’ombra sotto un albero e fatti un pisolino di 1 ora. Non c’è fretta. Riparte per cercare il posto ideale.
Ripartiamo anche noi, ma lo ritroviamo sull’ultima sella, decisamente in ansia e un po’ fuori di sé: fermati a dormire, se non trovi un posto mettiti direttamente in parte al sentiero ma fermati!
Scendiamo leggeri, sempre senza fretta. Ci raggiunge la coppia di friulani, ma come fate ad essere rimasti dietro a me? “Ci siamo fermati a dormire a Morgins 8 ore” … 8 ore… che bella vita…
Uno dei due mi racconta che ha trovato un concorrente che dormiva tutto accartocciato sul sentiero. Gli dico che ce l’ho messo io, e va bene così.
Arriviamo all’ultimo ristoro, trota e riso con le verdurine!
Mia moglie non ha mai smesso di tifarmi e smessaggiarmi per tutta la gara, adesso è eccitatissima che pare abbia fatto lei la gara da quanto è fiera di me e sta esultando!
Salitina facile e si parte per l’ultima discesa, arrivano da dietro i corridori della 170, della 100, della 70 e adesso si aggiungono anche quelli della 42 km… li senti che arrivano veloci e poi sfrecciano in parte a noi con un vvvvvvVVOOOOOMMMmmm!! Noi ci spostiamo di 5 cm, il tanto che basta per lasciarli passare e poi continuare i nostri discorsi. Non vogliamo tornare alla civiltà, ma purtroppo ad un certo punto ci siamo: Bouveret, con il rumore delle macchine, l’odore di pesce (è pur sempre un paese di pescatori affacciato su un lago) e l’asfalto e il cemento ogni dove.
Saluto chi incontro, ma non mi rispondono più. Siamo veramente arrivati alla “civiltà”.
Scendiamo sul molo, ormai non manca niente all’arrivo.
Sono da poco passate le 3 del pomeriggio, c’è un corridore della 360 km seduto, senza scarpe, ha fatto un pediluvio nel lago, i piedi che grondano acqua e sangue… come va? Non vorrai mica fermarti… mancheranno 300 metri… “no, perfavore, lasciatemi qui”, dai! Vieni con noi, ti accompagniamo fino all’arrivo, “no, fa troppo caldo, lasciatemi, aspetto vada giù un po’ il sole, poi pian piano arriverò…”.
Recupero la bandiera del friuli dallo zaino, arriverò con l’aquila sulle spalle.
Ci sono i genitori di Olivier, li salutiamo. Olivier mi dice “corriamo fino a lì?” ma io capisco solo corriamo e partiamo veloci senza fermarci. 1 km attorno al molo. Uno vede la mia bandiera e urla “Friul!”! Vedi, che anche in Svizzera riconoscono la bandiera di questo francobollo di terra! Mi esalto, corriamo!
La gente dice “bravo”, ma io mi sento quasi fuori luogo, la mia gara mentalmente è finita a Morgins e adesso non sento di meritarmelo, ho la sensazione di rubare i complimenti destinati a qualcun altro.
Giriamo, il rettilineo finale è su una banchina che entra nel lago, sui due lati acqua e barche.
Olivier parte dicendo “Viva la frice!” (viva la patata, in friulano… cosa si insegna, di notte, alla gente…).
Urlo a mia volta “Viva la friceee!”, una vecchietta mi guarda e mi dice “bravo”, è d’accordo con la mia affermazione, forse!
Ultimi 100 metri, raggiungiamo una ragazza che sta facendo la 360 km, si capisce da lontano che ha una contrattura alla coscia, fa un passo correndo e 4 zoppicando, è in sofferenza. Non ci sembra giusto superarla e ci affianchiamo, le facciamo aumentare il ritmo e lei cerca di tenere il passo, poverina… che disgraziati… la faccia di lei dice molto e si capisce che vorrebbe mandarci in un posto diverso dall’arrivo. Arriviamo assieme, per rispetto le lasciamo il passo all’ultimo metro e tagliamo il traguardo di questo pazzo viaggio.
Ci stendiamo sull’erba, ci danno una birra, siamo felici e sereni. Gente che arriva e si butta in acqua nel lago. Io vorrei farlo ma ho paura che mi parta un crampo o altro e non sia più in grado di risalire sulla riva.
Farò 2 ore di pausa e birre e poi mi incamminerò a ritirare i bagagli, facendo ancora i gradini a 2 a 2, facendo 1 km e mezzo per andare all’appartamento e 3 km per cenare. Sono ancora fresco. La stanca arriverà il lunedì, il grande sonno il martedì.
Domenica 10 settembre
Ci troviamo alle premiazioni, arrivo con le scarpe, vedo che tutti sono in ciabatte e mi adeguo. Piedi a vista, pieni di cerotti, di botte, di vesciche: raccontano storie di gente resiliente che ha attraversato posti incredibili affrontando il sonno e la stanchezza per un breve momento di gloria e per una soddisfazione interiore che rimarrà per tutta la vita.
Saluto facce che ho incontrato durante la gara, mi ritrovo nel mezzo di alcuni italiani: Dai ragazzi, alziamoci e diciamo insieme: “mai più nella vita”, è sempre lo stesso il motto, alla fine di ogni gara. Lo diciamo anche se non ci crede nessuno.
Salgo sul palco, con Paolo e Giulio sfoggiamo la bandiera friulana, in parte a quella di una regione cinese dei finisher asiatici. Che mondo strano: Giulio si ritrova a sostenere un angolo di entrambe le bandiere, non è friulano né cinese, ma poco importa. Siamo facce diverse, nordiche, asiatiche, mediterranee, tutte stanche e soddisfatte allo stesso modo.
Questa gara è una gran put..na, ma sto imparando a perdonarla.
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
E finirai per adorarla
Bravo Fabiano, ben fatto !!
Bravo Fabiano, ben fatto !!
Re: Swisspeaks Trail (Svizzera) 03-10.09.2023
Bobo davvero bravo. Hai indubbiamente un talento. Sei sprecato qui sul forum. Dovresti provare a scrivere su qualche rivista del settore.