Re: Istria 100 (Croazia) 08.04.2022
Inviato: 03/05/2024, 13:07
da Boborosso
dopo quasi un mese ho pensato... se non lo pubblico non do nemmeno la possibilità di leggere a chi vorrebbe...
e chi non vuole può sempre non leggere...
Istria 100 – 2024
Ho inserito nelle gare dell’anno questa 100 miglia, come allenamento. Un po’ da incosciente, senza pensare troppo che una 100 miglia è comunque una gara con i controfiocchi. Preparo il materiale il giorno prima, sereno.
Mi rendo conto che non sarà una passeggiata di salute a sole 4 ore prima della gara… sarò all’altezza? Ma non staremo a fà ‘na cazzata? Sono ben motivato, la voglia è tanta e sono pronto. Però non è una gara da 20 km…
Arrivo a Umago assieme al mio amico Daniele, ritiriamo il pettorale, il clima è quello di un grande evento. Ci sono runners fighissimi e tirati. Io sono quello con la pancetta, se mi cercate. Cerchiamo un posto dove mangiare e ci ritroviamo in una trattoria d’altri tempi, in zona non turistica, con i menù scritti a mano e l’ostiera cicciotta, unta e con dei bellissimi baffi. Ordiniamo un po’ a caso, visto che è scritto in croato e dei 4 piatti disponibili 1 non c’è. Mi ritrovo un quarto di maiale nel piatto… lo digerirò forse per fine gara…
Saliamo sull’autobus e partiamo alla volta di Labin, punto di partenza. Mentre siamo in autobus provo la traccia della gara sull’orologio. C’è qualche problema e l’orologio va in tilt… prova a farlo Daniele e succede la stessa cosa. L’orologio è bloccato… Ma porrkkkk… resetto ai valori di fabbrica, perdendo tutto il perdibile, viaggerò seguendo solo le balise dell’organizzazione, sperando di non perdermi.
Labin: aria di festa, runners dovunque, musica che incalza, gente strana, uno è scalzo e a torso nudo che sta per partire “vestito” così per una 100 miglia! La primavera si presenta festosa con i suoi gonnellini tecnici e quadricipiti femminili da paura che non azzardi a guardare troppo: se la proprietaria di quei quadricipiti si accorge che sbirci, è capace di tirarti una sloppa in faccia che ti ritrovi immediatamente a Umago senza correre. Saluto e faccio gli in bocca al lupo ai vari runners che ho conosciuto in altre gare.
Si parte! Mi sono tenuto nelle ultime fila, come sempre. La gara inizia in discesa e io cerco di non superare troppo. Ma vanno tutti lenti… arriviamo sul mare, giusto il tempo di respirare un po’ di brezza marina e si risale. E vanno tutti forte... O meglio, tengono la stessa velocità sia in discesa che in salita… macchecazz… mi lascio superare sereno, o quasi. Tengo a bada i battiti cardiaci sull’orologio. Fa caldo, ma siamo appena partiti e la calura quasi non dà fastidio, l’umore è alto e i primi 500 m D+ sono una passeggiata. Scolliniamo e mi tuffo in discesa su una strada poderale facilissima, è vero che mancano 160 km, ma la strada è veramente facile e supero tante persone. Uno mi urla “spiddiganzales” in uno spagnolo accentuato e con fare bellicoso, accelero per evitare di prenderle, fino ad arrivare al primo ristoro. Mangio torta e patatine, valuto cosa propone la gara per le prossime ore: ho come paura che non ci sarà molta varietà. Ho anche raggiunto Daniele e ripartiamo assieme in salita scambiandoci le prime impressioni.
Mi accorgo che potrei tenere un ritmo più impegnato, senza volere accelero e lascio indietro Daniele e molte altre persone. Mi tengo sotto osservazione: non sto esagerando e continuo a spingere. Sta imbrunendo, sarebbe bello scollinare senza dover mettere la frontale. Mi supera uno e mi attacco alle sue caviglie, superiamo molte persone e non mollo 1 cm. Lui toglie lo zaino, indossa la frontale, ed è bello pronto per la notte senza fermarsi. Io, invece, insisto al semi-buio, inciampo, rallento e lo perdo, seguo un altro concorrente sfruttando la sua luce, ma alla fine devo fermarmi perché non vedo più niente. Tolgo la maglietta termica, zuppa di sudore, la strizzo bene e la rimetto, ci metto sopra un’altra maglietta leggera e indosso manicotti e frontale. Avrò perso 3-4 minuti, sono pochi sul totale ma adesso sono ancora in modalità gara e un po’ mi rode. Mancavano 200 metri allo scollinamento, c’ero quasi, mannaggia. Mi lancio in discesa, sulla destra si intravvede il mare anche se siamo a 600 mslm ed è praticamente buio (come ho fatto a non inciampare avanzando così, solo 5 minuti prima…). Facciamo un bel pezzo di dorsale e poi ci infiliamo nei boschi. C’è un corridore che sculetta tantissimo mentre avanza, sembra abbia le anche disassate… come faccia a pensare di correre per 167 km senza farsi male… sembra una gondola che naviga in mare mosso. Sincronizzandomi sul movimento culesco, riesco a superarlo sul singletrack senza che mi investa con un colpo d’anca. Dopo un po’ di sali-scendi, inizia la discesa vera, scendo veloce e non mi risparmio. Per fortuna non ho problemi di giunture. Non ho comunque intenzione di averle, quindi l’andatura non è quella di una skyrace, per capirci. Scendiamo al livello del mare, nella notte si vedono le luci della città di Rijeka (Fiume) dall’altra parte del golfo, veramente molto suggestivo. Arrivo in tempo 0 al secondo ristoro, sono in anticipo di 30 minuti sulla mia tabella di marcia, mi sento bene. Prendo un brodo caldo modello “saikebon” che ha pochissima roba dentro, tipo un brodo di dado un po’ più sporco, per capirci. Non so se questo bicchiere arrivi a 50 calorie. Prendo una mezza banana dal ristoro e me la infilo in tasca per dopo.
Adesso ho la salita più lunga della gara, in tutto sono 1600 D+ in 14 km, spezzati in due parti da una traversata in leggera salita. Salgo bello pimpante, sono allegro e per niente preoccupato. Supero qua e là ancora, mi sembra quasi incredibile che io abbia così tanta voglia di spingere, il dubbio che io stia esagerando… c’è. Raggiungo 2 concorrenti, non si lasciano superare e accelerano fino a accodarsi ad un gruppo, in tutto siamo in 10, la pendenza è del 20% e non è il caso di provare a superare questo gruppone in un solo colpo…
Ma stiamo andando troppo lenti…
L’orologio segna 550 m/ora di ascesa verticale, una velocità sufficiente per questa gara.
MMAAA IO MI ANNOIOOOO….
E mi lancio a superarli tutti, lateralmente ad un singletrack con pendenza del 20%, con le fronde che mi si schiaffano in faccia e “pardon”, “sciusmi”, “ocjo” e le gambe che pompano fino a superare tutti quanti. Sono davanti! Ma l’etica impone che non possa tornare ad una velocità minore o uguale a quella del concorrente che apriva la fila. E continuo a spingere sui quadricipiti, esagerando, fino a rimanere solo sul sentiero e a non vedere frontali che fanno luce dietro a me. Azzardo a rallentare un pochino, guardo l’orologio, sono a 41 km. Potrei spingere fino a 42 per fare il mio personal-best-time sulla maratona… che coniglione (maledetto T9 che non mi lascia scrivere cognome…) … comincio ad annaspare, sento un po’ di nausea.
Finisce il primo tratto pendente, arrivo alla traversata, rallento un po’, dai… lo stomaco è in crisi. L’orologio segna che la prima maratona è passata. Respiro aria e cerco di rilassare lo stomaco. Un concorrente davanti a me si piega e parte con i conati di vomito, giro immediatamente lo sguardo per evitare la possibilità che la mia mente tenti un’emulazione. Lui fa un verso di sfogo per recuperare dignità, una specie di ululato che gli viene dalle viscere. Lo supero e lo sento che parte e mi segue. Quasi quasi gli propongo i canditi allo zenzero che ho nello zaino. Ci penso un po’ e dopo 500 metri mi giro per offrirglieli, ma non è lui quello dietro a me, è un altro concorrente. Sento un altro ululato gutturale lontano nel bosco… spero che il compagno di sventure si riprenda. Vado avanti pensando alle mie, di rogne, non torno sicuramente indietro di 500 metri per 2 caramelline…
Da qui in avanti la gara la conosco, ripasserò sul tracciato fatto 2 anni prima, all’ISTRIA 128 km.
Stiamo per iniziare l’ultimo strappo. Senza fermarmi, tolgo lo zaino per prendere la pettorina antivento proprio quando finisce il bosco, folate di vento forti cercano di strapparmi la pettorina di mano e mi ghiacciano la schiena sudata. Mi vesto veloce e riparto a testa bassa, so che questo pezzo è pendente ma non dura molto, supero anche qui, corridori che temono il vento. E scollino. Praticamente le salite bastarde di questa gara sono già finite! Saltello veloce in discesa per 500 metri, sentendo che lo stomaco non è mio amico, fino ad arrivare all’asfalto. E lì capisco che è arrivato il momento di tirare il freno, non riesco a correre senza che mi parta un crampo al ventre… mi lascio superare un po’, dai. Avanzo per qualche km senza poter azzardare più di 50 metri di corsetta ogni tanto, parafrasando Cesare: “Alea iacta est”, la cazzata è stata fatta (si capisce, non ho fatto latino…). A 48 km incontro uno, chino a terra con i crampi allo stomaco, l’ho già conosciuto alla partenza, è Enea, gli chiedo come va e lo invito a venire con me fino al ristoro. Mal comune, mezzo gaudio e andiamo via “spediti” scambiando 2 parole. Al ristoro mangiamo bene, con calma, e ripartiamo assieme. La prossima tappa non ha strappi, ha solo un po’ di mangia&bevi fino al ristoro successivo. Chiacchieriamo del più e del meno. Lui si ferma un attimo, io rallento e mi riprende, per 2 volte. Alla terza volta che si ferma, dopo 6 km, comincio a capire che forse mi sta chiedendo di mollarlo… la fine di un amore… va ben, pace. Anche perché stavamo andando un pochino troppo piano. Accelero, lo stomaco sta meglio. Arrivo al ristoro successivo, cerco di mangiare bene ma le cose del ristoro sono sempre le stesse e non sono per niente attratto. Arriva il mio amico Enea, mi propone di assaggiare un wafer energetico dello sponsor della gara, lui non mangia praticamente altro. Non che sia la cosa più buona del mondo, ma almeno metto qualcosa di sostanzioso in pancia. Riparto da solo, lui è appena arrivato.
La prossima tappa prevede 3 piccole salite di 300-400 m D+, se riesco a tenere un ritmo decente posso pensare di vedere l’alba alla seconda. La prima salita la faccio volentieri, poi inizio a ciondolare dal sonno. Indosso una fascia in testa e sopra la frontale: la fascia mi tappa leggermente le orecchie e i rumori mi arrivano leggermente filtrati. Mi sembra continuamente di sentire i passi di qualche concorrente dietro di me, ogni tanto mi giro ma non so se effettivamente vedo qualcuno, sta schiarendo e quindi non si vedono più fasci di luce che tagliano il buio. Probabilmente non c’è mai nessuno, ma queste allucinazioni uditive mi aiutano a spingere e tenere un buon ritmo. DAI che l’alba è quasi matura!! Spingo, supero una ragazza che dorme a bordo sentiero, raggiungo altri due concorrenti e arrivo in cima! Troppo presto… Faccio la foto ad un cielo con toni blu-azzurri-rosa, ancora senza sole, e riparto.
La discesa adesso è bastarda e poco segnata, tra le foglie si vedono le strisciate di altri corridori che sono scivolati prima di me. La prendo veloce per evitare frenate che smuoverebbero il terreno invece di farmi rallentare. Arrivo in fondo alla discesa bastarda, ho qualcosa nella scarpa. Riesco a togliere il sassolino senza levare la scarpa. Faccio caso ai piedi che mi fanno male… le scarpe sono troppo piccole… Non vedo l’ora di arrivare a 100 km per cambiarmele. Batto il tallone delle scarpe a terra per far scivolare il piede indietro ed evitare di rovinarmi le dita… mannaggiaame…
Non pensiamoci, dai. Prossima salitina facile, e dopo via sulla discesa sottocosta verso il ristoro. Comincio un po’ ad essere stufo, ma siamo quasi a due maratone, il sole sta uscendo e ho fame. Un po’ trotterello contento, a momenti invece mi sembra che il ristoro non arrivi più e mi demoralizzo, 167 km sono… tantissimiiii!!!
Al ristoro mi siedo e mangio. Vedo gente afflitta e questo mi rincuora: se gli altri sono sfiniti come o più di me, vuol dire che sto andando bene. Tolgo la frontale e la fascia sulla testa visto che ormai c’è luce, avevo un graffietto sottostante che si è coagulato alla fascia, togliendola esce una goccia di sangue. L’infermiere, presente al ristoro, mi soccorre tutto preoccupato per la feritina… gli dico che è una stupidaggine ma mi ritrovo con una nebulizzazione-tutta-faccia di disinfettante, riesco a bloccarlo prima che mi metta un cerottino (quelli tondi da 2 cm di diametro, per capirci…). Gli chiedo se posso proseguire la corsa o devo ritirarmi, scherzando. Si rilassa. Una bellissima ragazza con il gonnello tecnico fa avanti e indietro davanti ai tavoli del ristoro, dietro a lei un tipo con la panza vestito non sportivo (il marito?) la segue in modalità body-guard. Io per fortuna non ho il collo bloccato e seguo la scena (le gambe?) beato. Prendo un caffè, mi ritrovo 2 dita di fondini, probabilmente hanno rotto il filtro nel bicchiere… buonissimo… Riparto, va…
E sono 2 maratone! Pubblico sullo stato di whatsapp, per la gioia di chi mi sta seguendo da casa. Purtroppo siamo nel mezzo del niente ed è da mezzanotte che non ho campo quindi nessuno leggerà. Adesso sono le 9 di mattina.
Adesso c’è l’ultima salita sopra i 1000 mslm, dopo si scenderà di quota e si rimarrà sempre bassi. Salgo deciso, il sole comincia a scaldare, al ristoro mi sono messo crema abrasioni, crema muscolare e addirittura la crema solare. Quando l’ho fatta 2 anni fa, questa salita non finiva più e mi ha sfiancato, quest’anno so che ci sono 2 falsi arrivi e quindi spingo senza mollare. E parte il discesone. A momenti è noioso e ciondolo, sono stanchino, sono a 18 ore di corsa e più di 90 km sulle gambe. Per fortuna arrivano a svegliarmi i primi corridori della gara di 110 km, per loro 36 km fatti e 1800 d+ in 3 ore e 6 minuti!! Da qui in poi ne arriveranno continuamente e mi tengono un po’ compagnia, ogni volta che sento incombere una frana dietro di me mi sposto e lascio passare il corridore.
Attraverso un paesino semi-abbandonato, prendo il cellulare prima di arrivare alla piazzetta per fare la foto, eccolo: l’albero con un diametro di 150 cm, sventrato e tappato con un muro di pietra! E ancora vivo…
Arrivo alla base vita di Buzet, 100 km e 5300 D+ fatti. Ritiro il borsone del cambio. Decido di cambiarmi solo parzialmente: sicuramente calzini e scarpe, che sto odiando da almeno 30 km, in più la maglietta. Vado in modalità zombie a prendermi da mangiare, finalmente hanno cibo decente e prendo pasta, metto in carica cellulare e frontale. Il cellulare continua a non prendere, strano… lo spengo e riaccendo e mi arrivano 200 messaggi. Mi accorgo che sto andando lentissimo, vorrei completare tutto in mezz’ora. Cerco di accelerare, mentre metto un calzino vedo che ho una zecca sullo stinco… mannaggia… decisamente grande rispetto alle solite che mi è capitato di togliere. Vado dalle infermiere presenti, senza accorgermi chiedo se possono togliermi quella piccola puttana (in inglese bitch suona quasi carino, dai…). Un’infermiera si attrezza immediatamente, con un paio di pinzette di plastica armeggia per un tempo indefinito fino a spezzare la zecca… comincia a spulciarne pezzi ma la testa resta sempre conficcata. E’ in ansia, le dico che faccia quello che serve, con calma. Prende un ago di siringa e comincia a scucchiaiare, fino a togliere tutto. Ringrazio.
Raccolgo le mie cose e vedo Enea, arrivato da un po’. Mi dice che mangia ancora qualcosa. Effettivamente questo è l’unico e ultimo ristoro con cibo vero… vado a prendere un altro mezzo piatto di pasta e due pezzetti di pollo. Ho l’ansia che Daniele mi raggiunga, mi veda e voglia partire con me senza riposare. Oppure ho l’ansia che mi veda e io mi senta meno top-runner… che sciocco…
Parto, dai. Ricordo uno strappo impegnativo, appena comincia mi rendo conto che sono vestito troppo, è mezzogiorno e con la termica e maglietta sudo. Tolgo e resto con maglietta e basta. Fa caldo, sudo comunque. Cerco di mantenere un ritmo decente, i 110kmetristi mi superano continuamente e io mi faccio trascinare, cerco in qualche modo di seguirli e tenere il loro passo. Dopo lo scollinamento scendiamo e arriviamo ad un fiumiciattolo, da attraversare N volte, chi mi supera si tuffa dentro (30 cm di profondità) e attraversa correndo. Io non mi sono bagnato mai i piedi, senza comunque perdere tempo. Scatta il gioco “prendi il 110kmetrista”: quando uno mi supera, gli sto alle calcagna per un po’, fin che non mi stufo. Rallento un attimo, mi supera un altro e riparto: ne esce un esercizio di Fartlek stupendo! Parte la salita, io continuo con il mio giochino. 4 corridori della gara più corta si sono seduti a mangiare, li supero e prendo dallo zaino un ciucciarello dello sponsor della gara, alla frutta: 200 calorie a base di mela in 50 ml, concentrato. Se sembra a quelli alla purea di frutta che ogni tanto mi porto dietro, con questo caldo è una manna! Lo assaggio e lo sputo immediatamente, ha la consistenza della nutella ed è tutto fuorché dissetante. Il sapore non sarebbe male ma in questo momento non riuscirei a mandare giù questa melassa. Mangio piuttosto l’ennesimo snack cioccolatoso, mi aiuto con abbondanti sorsate dalla mia borraccia per ingollarlo.
Sono in cima, trovo una gomma da giardino attaccata ad una fontana e mi bagno la testa, fa caldissimo. Prendo la borraccia di riserva di sali dallo zaino e bevo avidamente. Adesso si scende sulla diga di Butoniga, sono abbastanza fritto. Mi supera una ragazza che ha una specie di buff che le copre tutto il viso, poverina, chissà come soffre con questo caldo… avrà una specie di eritema che deve tener coperto, penso. Dopo un paio di km la vedo ferma all’ombra e la supero a mia volta. Arrivo al ristoro e la reincontro: non è un buff… è tutta tatuata, tutta la pelle a vista, comprese gambe e faccia. Tutto tatuato, con diverse sfumature di nero, qualche variazione di blu e rosso per accennare qualche disegno… me la immagino lunedì sul posto di lavoro, con la credibilità del gatto con gli stivali. Sul retro delle ginocchia due svastiche, per completare il tutto. Al ristoro mi faccio dare un’occhiata al buco della zecca, sembra sia rimasto dentro un pezzetto (che schifo…), puliscono e sono pronto a ripartire, giusto in tempo per salutare nuovamente Enea, appena arrivato.
Nonostante io abbia già fatto questo tratto di gara, me lo ricordo a momenti e a sensazioni, quindi non so se spingere o meno. Resta il fatto che sto patendo veramente il caldo. Sul piano alterno 20 secondi di corsa a 20 passi di camminata, in questo modo riesco a mantenere un ritmo decente senza strafare. Bevo avidamente. Ho appena lasciato il ristoro e ho già seccato mezza borraccia… arrivato a 120 km mi accorgo che non avrò abbastanza liquidi, mi sono dimenticato di riempire la borraccia di riserva nello zaino… sto 45 minuti senza bere nulla, per evitare di rimanere a secco, bevo un goccio d’acqua e la sudo immediatamente. Sono preoccupato. A 128 km sfilo le borracce e verifico quant’acqua mi è rimasta, ho praticamente una borraccia piena ancora disponibile… che sciocco… bevo una bella sorsata immediatamente.
Salgo a Montona, parlo con un irlandese che sta zoppicando, comincio ad avere fitte nel ventre, dovute ai km già fatti e allo sforzo continuo, ma sicuramente anche dal fatto che sto bevendo veramente poco. L’irlandese mi saluta appena inizia la discesa e mi lascia in compagnia di uno svizzero, a pelle mi sta sulle palle (non si dice, ma suona decisamente adeguato in questo caso) e lo saluto appena vedo un cimitero. Non perché io l’abbia ucciso, ma perché all’ingresso dei cimiteri c’è sempre una fontana. Però sarebbe stata una bell’idea... Riempio una borraccia, bevo una sorsata, l’acqua sa di cacca… benissimo. Dai, manca poco al ristoro, ed è praticamente tutta discesa. Vorrei correre ma non riesco a mantenere il passo. Alterno nuovamente 20 secondi di corsa a 20 passi di camminata e i km comunque passano. Arrivo all’asfalto, c’è una famiglia che fa una cagnara e un tifo incredibili, cerco di correre per dare loro ragione del tifo che stanno facendo. Devo attraversare, sta arrivando una macchina, continuo a correre sulla banchina girato dall’altra parte aspettando che mi superi, ma non passa… lo guardo: è fermo, mi fa motto di passare veloce con sguardo entusiasta, attraverso, mi passa vicino e mi fa segno con il braccio che sono forte! Mi gasa tantissimo, tanto che vado a 5:30/km per almeno 100 metri, poi rallento nuovamente… manca 1 km e mezzo di asfalto al ristoro, in piano… corrucchio qua e là: ho lo stomaco chiuso, chissà se riuscirò a mangiare…
Ristoro! Ed è subito festa! Prendo un brodo, ci metto 2 pezzi di formaggio e mi siedo.
No. Non riesco a berlo.
Mi alzo e prendo un tè e 5 wafer.
Mi siedo. Lo assaggio.
Ci puccio un wafer e metto in bocca un pezzo piccolo. Non riesco a salivare e non riesco a buttare giù niente. Prendo un sorso di tè, mischio tutto e ingoio. Moooolto lentamente.
Arriva una volontaria, guarda il mio bicchiere di brodo, le chiedo di portarlo via che ho sforzi di vomito. Anche il mio collega di seduta, di fronte a me, fa motto di portargli via il bicchiere. E’ bianco di faccia, sta con il collo alto e guarda lontano… senza abbassare lo sguardo prende dallo zaino una medicina, stacca la pasticca dal dispencer, ne prende un'altra e ripete l’operazione. Rimane così, a girare tra le dita le due pasticche, respira a fondo… Teme di vomitarle appena le ingurgita, penso. Bhe, non voglio arrivare lì, io non sono al top ma non voglio arrivare al punto in cui non riesco più a gestirmi… senza riuscire a rimuginarci troppo ho già preso l’okitask dallo zaino e l’ho infilato in bocca.
Arriva Enea, scambiamo due parole, finisco il mio tè e ne prendo un altro. Ripartiamo insieme, ho mangiato pochissimo… 3 wafer, 2 patatine e 2 tè. Ah, e l’okitask, ovviamente.
Chiacchieriamo un po’ iniziando la salita, non durerà molto. Dopo 50 metri D+ si siede, con crampi allo stomaco. Gli dico che ero nella stessa situazione e ho ceduto ad un antinfiammatorio. Ripartiamo, ma dopo 2 minuti è di nuovo seduto che si tiene la pancia. Gli propongo la mia soluzione, tiene duro ancora 2 minuti e poi mi chiede se posso dargliene uno. 5 minuti ed è bello pimpante e pronto ad affrontare i restanti 37 km con leggerezza. (per dovere di cronaca, visto che ci saranno sicuramente responsabili della sicurezza o agenti dell’ASS che leggono: non gli ho dato un medicinale ma l’ho convinto a recarsi alla farmacia di turno più vicina per comprarselo da solo). Comincia ad essere buio, ma siamo in due e la notte non fa paura. Ci confrontiamo sui tempi e i km mancanti. Il mio orologio suona il km, in contemporanea suona il suo, siamo a 131 km! Entrambi! Siamo sincronizzati! Mai successo nella vita che due orologi siano così sincronizzati.
Leggo un messaggio del mio amico Daniele, è di umore nero e vorrebbe ritirarsi. Gli dico che ormai è fatta, anche se gli mancano più di 40 km… Intanto prosegue, poi si vedrà.
Io ed Enea andiamo via allegri, parliamo di gare e di birra, si affianca una rumena della 110 km e parla con noi di birra. Dopo un po’ ci supera e vola via, non sapremo mai se era carina o un’allucinazione. Ma stiamo bene.
E poi l’euforia passa, così come è venuta, svanisce… l’umore cambia in un batter d’occhio… questa gara non finisce più… stiamo salendo, anche se con una pendenza lenta. Siamo già a 6800 m D+, dovevano essere 6450 in tutto… ma dove ci stanno mandando… io ricordo poco del percorso, resta il fatto che stiamo salendo ancora. Superiamo 4 persone della 110, poi li lasciamo andare e scompaiono dalla nostra vista. Finalmente raggiungiamo la cimetta, c’è aria e adesso sembra ci sia discesa. Li riprendiamo e superiamo… arriverà questo ristoro… dovevamo arrivarci 2 km prima… fino ad ora i km erano giusti, magari ne scontavano addirittura 1… Sento di avere lo stomaco vuoto, che sta cercando di digerirsi le pareti… un senso di acidità importante… bevo un goccio d’acqua ogni tanto, ma così faccio peggio perché lo stomaco cerca di digerire quello che arriva…
E finalmente arriviamo al ristoro di Groznjan. Vorremmo stare sotto le 33 ore ma siamo stanchi e sarà impossibile. Io cerco di mangiare (prevalentemente patatine e pane/nutella), Enea chiama la morosa. Ripartiamo, potremmo stare sotto le 33 ore se i km saranno 167 e se corressimo spesso. Suona il mio orologio, quello di Enea è indietro di 50 metri: gli ho dato 50 metri al ristoro!
Mancano ancora più di 20 km… Saluto un amico che sta facendo la 110. E poi lo distacchiamo. Da ora in poi supereremo molta gente, prevalentemente della 110 km, ma non stiamo correndo tantissimo… anzi… la camminata è nostra amica. Ma è quasi tutta discesa, ormai.
Arriviamo al ristoro di Buje in tempo 0, non mangiamo praticamente niente, scambiamo 2 parole con i volontari (quasi tutti, qui, parlano italiano) e ripartiamo subito.
Un’agonia… Umago è là davanti, ma la strada fa un giro lunghissimo a sinistra… poi uno a destra… sembra che ci facciano fare dei giri inutili per aumentare i km… non staremo mai sotto le 33 ore… la mezzanotte è passata e siamo in giro da 32 ore… siamo stanchi. Per fortuna il terreno è compatto, 2 anni fa qui era tutto un pantano.
Continuiamo a superare, ma intravvedo solo pettorali della 110 km. La mia frontale di ultramarca fa meno luce di quella della LIDL del mio amico Enea… Cambio batteria prima di farmi prendere dal sonno. Mancano almeno 4 km, dico ad Enea che se provassi a corrucchiare per 4 km di seguito vomiterei anche l’anima. E manteniamo la modalità corsa alternata a lunghe camminate a passo veloce.
Finalmente arriviamo sull’asfalto! Tutta dritta fino all’arrivo!
Tutta dritta? No, il percorso gira a destra e fa un bel giro largo per aumentare i km… abbiamo già superato i 167… daaaiii… Enea accelera, io non ce la farei ma non voglio lasciarmi staccare né voglio farlo rallentare… accelero anche io.
E arriviamo sulla costa. Ma non si vede il traguardo. Continuiamo ad avere un’andatura troppo allegra per i miei gusti, ma mancherà poco… forse…
500 metri di agonia sotto i 6 min a km, attraversiamo un lungo tratto con le transenne sui lati, 3 spettatori applaudenti su 500 metri. E arriviamo all’arrivo assieme! Due volontari sorridenti ci fanno i complimenti, ci fanno la foto, ci mettono la medaglia. 33 ore e 44: più delle 33 ore ma meno delle 34 ore e mezza che avevo come obiettivo, sono contento!
Un ragazzo italiano ci chiede se possiamo portarlo al deposito borse che non trova la strada… è arrivato 2 ore prima… l’intercalare utilizzato per farci capire la sua frustrazione fa intendere perfettamente le sue origini: sei friulano? “Sì!” Perfetto!
Ritiriamo il borsone a 1 km di distanza, Enea mi porta all’albergo in macchina, a 2 km. Sono sfinito. Daniele arriverà 2 ore dopo ma non riuscirà a venire in albergo a dormire, farà prima un sonnellino di 1 ora in macchina e poi mi raggiungerà per doccia e colazione.
Per fortuna a colazione abbiamo recuperato tutte le 15.000 calorie consumate durante la corsa…