Re: Tor Des Geants (Ao) 11.09.2022
Inviato: 04/10/2022, 20:52
COGNE - DONNAS
Sottotitolo: "Alla ricerca della branda perduta...e forse anche dello spirito del Tor!"
Esco dalla base vita incazzato...e avviandomi verso Goilles mi incazzo ancora di più!
Non ci sono quasi balisse all'interno del paese, per fortuna conosco la strada.
Una volta fuori dal paese continuano a non esserci balise.
Continuo a conoscere la strada, ma comunque così non va bene.
Man mano che mi allontano da Cogne la preoccupazione per la ricerca di un posto per dormire cresce.
Sono così agitato che senza nemmeno accorgermene arrivo al ristoro di Goilles.
Come sempre Goilles è un ristoro piccolo ma fantastico,
con volontari incredibilmente gentili e simpatici e con della fantastica frutta fresca.
Conosco il proprietario della baita di vista e azzardo un bluff:
"A Cogne non c'erano brande per dormire, non è che mi fai dormire dentro da qualche parte?"
La risposta è perentoria:"No, se mi scoprono quelli dell'organizzazione si incazzano!
Però anche se il rifugio Sogno è chiuso, il locale invernale è sicuramente aperto.
Puoi dormire lì, ci sono pure le coperte. Io ci dormo esso quando vado su d'inverno con la motoslitta!"
Mi si lluminano gli occhi..., problema branda per dormire risolto! Saluto e parto di slancio gasato dalla prospettiva
di una dormita in solitaria senza scocciatori.
Due concorrenti sentono e decidono di aggregarsi, non posso dirgli di no. Dormire bene anche in tre.
La salita al Sogno pur essendo dolce è molto più lunga di quanto mi ricordassi, non si arriva mai
Sono poco vestito e comincia a tirare un vento gelido. Sono mezzo congelato ma non voglio fermarmi per coprirmi,
tanto manca poco al desiderato giaciglio. Il sonno è tenuto a bada dal vento freddo che mi tiene ben sveglio.
Finalmente dopo una serie di saliscendi infinito arriviamo al rifugio. È tutto buio.
Il locale invernale dovrebbe essere sul retro. Individuiamo la porta di entrata, abbassiamo la maniglia...ma non si apre.
Io e i miei 2 compagni di sventura ci guardiamo sbigottiti...poi noto che c'è un chiavistello in cima alla porta in legno.
Lo faccio scorrere e le ante della porta in legno si aprono...nooooo!
L'entusiasmo si spegne immediatamente di fronte ad una porta a vetri chiusa a chiave!!! Vanfanculass, come direbbe Marco Galletto...mi viene la tentazione di rompere il vetro, ma mi trattengo!
Mi sento come un bambino che non ha ricevuto doni la mattina di Natale...
La delusione è tanta, forse è angoscia...ma ormai non resta che coprirsi e partire per il Dondena,
sperando che, magari, almeno il locale invernale del rifugio Miserin sia aperto...
Partiamo svogliati verso la finestra di Champorcher che raggiungiamo dopo una breve ma intensa ultima parte di salita.
Ogni volta che scollino la finestra di Champorcher maledico la razza umana che ha distrutto questo piccolo angolo di paradiso
piazzandoci un serie di enormi tralicci dell'alta tensione. È il mostruoso elettrodotto che porta in Italia l'elettricità prodotta
dalle centrali nucleari francesi! Andate tutti a cagare...non era meglio tenercele in Italia le centrali?!
Comincio a scendere e perdo di vista i miei 2 compagni di sventura...ognuno per sé, ognuno con i suoi pensieri e suoi fantasmi,
che la buia notte del lago Miserin rivela come malefici spettri.
Come si dice piove sul bagnato e Il rifugio Miserin è chiuso e anche il locale invernale.
Mi sembra di vedere un vecchio seduto sulla panchina di fronte al santuario, ma appena mi avvicino scopro che è solo un'allucinazione. Ho un colpo di sonno tremendo, barcollo. Fa troppo freddo per dormire all'aperto, anche con il sacco da bivacco rischierei l'ipotermia. Eh no, questa cazzata, almeno questa oggi non la faccio!
Non ho scelta, mi trascino fino al Dondena, anzi perdo lentamente quota verso il Dondena.
Cammino come in trance, faccio lunghi tratti dormendo in piedi come alla Swiss Peaks lo scorso anno. Me ne rendo conto perché all'improvviso mi ritrovo in un punto molto più in basso ma non so come ci sono arrivato. Di nuovo, non so come mi viene in aiuto mio padre: mi viene in mente una canzone popolare sconcia che mi aveva insegnato da ragazzino. Comincio a cantarla ossessivamente a squarciagola. Sembro un pazzo, ma funziona. Rimango sveglio quel che basta per raggiungere il Dondena...
Entro e chiedo subito se c'è una branda. Non c'è bisogno di raccontare la gioia che segue la risposta affermativa della volontaria che gestisce i posti per dormire. "Mi puoi svegliare tra due ore? Grazie, mi hai salvato la vita"
Mi guarda perplessa, ma un po' ci crede...e fa bene!
Dormo come se non avessi mai dormito prima, anche se quando mi svegliano mi sembra di aver dormito solo un quarto d'ora.
Sono perfettamente riposato, pieno di energie. Bevo un caffè latte/capuccino gentilmente offerto dai gestori del rifugio con una marea di biscotti e crostatine. Ora mi sento da dio, sono pronto a ripartire. Mi aspetta il tratto di percorso che tutti ritengono il più noioso del Tor. Per me non è così, corrichio tranquillo tutta la discesa fino a Chardoney. Mi fermo al ristoro e chiacchiero a lungo con i volontari, sto bene e sono felice. Riparto corrucciando e non mi accorgo quasi del piccolo ma bastardo tratto di salita dopo il ristoro di Pontbosset. Come al solito tutto dipende dalla testa...se stai bene, vedi tutto bello anche certe salite!
E così dopo essere passato correndo (solo per il fotografo) sul tratto di via romana delle Gallie dopo Bard,
alle 10.43 entro alla base vita di Donnas e mi getto tra le braccia di Silvia. È bello rivedere le persone che ami dopo tanta fatica.
Sono in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia, ma mi sento bene...e comincio ad essere più felice che durante la prima parte della gara. Solito rituale: doccia, cambio vestiti e calze, manutenzione bendaggio ai piedi (sempre senza vesciche per adesso) e mangiata pantagruelica con birretta (ah già, Elena non vuole...ok, con tutto il bene, vaffanculo Elena! TVB).
Ad un tratto la pace e la serenità del momento viene infranta da uno dei momenti più tristi del mio Tor.
Un concorrente (italiano) e la sua accompagnatrice si mettono ad inveire e insultare contro i volontari all'entrata della base vita,
rei di non permettere l'entrata all'accompagnatrice. Si sfiora la rissa...devono intervenire diverse persone per calmare gli animi.
Ritorna la calma, rimane la scena vergognosa, che non mi sarei mai aspettato di vedere al Tor, soprattutto contro dei volontari.
Proprio i VolonTOR, persone ECCEZIONALI che fanno di tutto per aiutarci, che non solo non sono pagati, ma che spesso ci mettono del proprio per sopperire a qualche mancanza dell'organizzazione! Loro che passano le notti al freddo per assisterci ai ristori!
La cosa mi lascia scosso, ma mi fa anche riflettere. Esco dalla base vita alle 12:12 insieme a Silvia con un pensiero fisso:
"è questo il Tor che voglio? il Tor è una gara o un viaggio? forse se punto ad un obbiettivo cronometrico sto sbagliando tutto...
non voglio diventare come quel concorrente ingrato!"


(terza tappa - continua)
Sottotitolo: "Alla ricerca della branda perduta...e forse anche dello spirito del Tor!"
Esco dalla base vita incazzato...e avviandomi verso Goilles mi incazzo ancora di più!
Non ci sono quasi balisse all'interno del paese, per fortuna conosco la strada.
Una volta fuori dal paese continuano a non esserci balise.
Continuo a conoscere la strada, ma comunque così non va bene.
Man mano che mi allontano da Cogne la preoccupazione per la ricerca di un posto per dormire cresce.
Sono così agitato che senza nemmeno accorgermene arrivo al ristoro di Goilles.
Come sempre Goilles è un ristoro piccolo ma fantastico,
con volontari incredibilmente gentili e simpatici e con della fantastica frutta fresca.
Conosco il proprietario della baita di vista e azzardo un bluff:
"A Cogne non c'erano brande per dormire, non è che mi fai dormire dentro da qualche parte?"
La risposta è perentoria:"No, se mi scoprono quelli dell'organizzazione si incazzano!
Però anche se il rifugio Sogno è chiuso, il locale invernale è sicuramente aperto.
Puoi dormire lì, ci sono pure le coperte. Io ci dormo esso quando vado su d'inverno con la motoslitta!"
Mi si lluminano gli occhi..., problema branda per dormire risolto! Saluto e parto di slancio gasato dalla prospettiva
di una dormita in solitaria senza scocciatori.
Due concorrenti sentono e decidono di aggregarsi, non posso dirgli di no. Dormire bene anche in tre.
La salita al Sogno pur essendo dolce è molto più lunga di quanto mi ricordassi, non si arriva mai
Sono poco vestito e comincia a tirare un vento gelido. Sono mezzo congelato ma non voglio fermarmi per coprirmi,
tanto manca poco al desiderato giaciglio. Il sonno è tenuto a bada dal vento freddo che mi tiene ben sveglio.
Finalmente dopo una serie di saliscendi infinito arriviamo al rifugio. È tutto buio.
Il locale invernale dovrebbe essere sul retro. Individuiamo la porta di entrata, abbassiamo la maniglia...ma non si apre.
Io e i miei 2 compagni di sventura ci guardiamo sbigottiti...poi noto che c'è un chiavistello in cima alla porta in legno.
Lo faccio scorrere e le ante della porta in legno si aprono...nooooo!
L'entusiasmo si spegne immediatamente di fronte ad una porta a vetri chiusa a chiave!!! Vanfanculass, come direbbe Marco Galletto...mi viene la tentazione di rompere il vetro, ma mi trattengo!
Mi sento come un bambino che non ha ricevuto doni la mattina di Natale...
La delusione è tanta, forse è angoscia...ma ormai non resta che coprirsi e partire per il Dondena,
sperando che, magari, almeno il locale invernale del rifugio Miserin sia aperto...
Partiamo svogliati verso la finestra di Champorcher che raggiungiamo dopo una breve ma intensa ultima parte di salita.
Ogni volta che scollino la finestra di Champorcher maledico la razza umana che ha distrutto questo piccolo angolo di paradiso
piazzandoci un serie di enormi tralicci dell'alta tensione. È il mostruoso elettrodotto che porta in Italia l'elettricità prodotta
dalle centrali nucleari francesi! Andate tutti a cagare...non era meglio tenercele in Italia le centrali?!
Comincio a scendere e perdo di vista i miei 2 compagni di sventura...ognuno per sé, ognuno con i suoi pensieri e suoi fantasmi,
che la buia notte del lago Miserin rivela come malefici spettri.
Come si dice piove sul bagnato e Il rifugio Miserin è chiuso e anche il locale invernale.
Mi sembra di vedere un vecchio seduto sulla panchina di fronte al santuario, ma appena mi avvicino scopro che è solo un'allucinazione. Ho un colpo di sonno tremendo, barcollo. Fa troppo freddo per dormire all'aperto, anche con il sacco da bivacco rischierei l'ipotermia. Eh no, questa cazzata, almeno questa oggi non la faccio!
Non ho scelta, mi trascino fino al Dondena, anzi perdo lentamente quota verso il Dondena.
Cammino come in trance, faccio lunghi tratti dormendo in piedi come alla Swiss Peaks lo scorso anno. Me ne rendo conto perché all'improvviso mi ritrovo in un punto molto più in basso ma non so come ci sono arrivato. Di nuovo, non so come mi viene in aiuto mio padre: mi viene in mente una canzone popolare sconcia che mi aveva insegnato da ragazzino. Comincio a cantarla ossessivamente a squarciagola. Sembro un pazzo, ma funziona. Rimango sveglio quel che basta per raggiungere il Dondena...
Entro e chiedo subito se c'è una branda. Non c'è bisogno di raccontare la gioia che segue la risposta affermativa della volontaria che gestisce i posti per dormire. "Mi puoi svegliare tra due ore? Grazie, mi hai salvato la vita"
Mi guarda perplessa, ma un po' ci crede...e fa bene!
Dormo come se non avessi mai dormito prima, anche se quando mi svegliano mi sembra di aver dormito solo un quarto d'ora.
Sono perfettamente riposato, pieno di energie. Bevo un caffè latte/capuccino gentilmente offerto dai gestori del rifugio con una marea di biscotti e crostatine. Ora mi sento da dio, sono pronto a ripartire. Mi aspetta il tratto di percorso che tutti ritengono il più noioso del Tor. Per me non è così, corrichio tranquillo tutta la discesa fino a Chardoney. Mi fermo al ristoro e chiacchiero a lungo con i volontari, sto bene e sono felice. Riparto corrucciando e non mi accorgo quasi del piccolo ma bastardo tratto di salita dopo il ristoro di Pontbosset. Come al solito tutto dipende dalla testa...se stai bene, vedi tutto bello anche certe salite!
E così dopo essere passato correndo (solo per il fotografo) sul tratto di via romana delle Gallie dopo Bard,
alle 10.43 entro alla base vita di Donnas e mi getto tra le braccia di Silvia. È bello rivedere le persone che ami dopo tanta fatica.
Sono in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia, ma mi sento bene...e comincio ad essere più felice che durante la prima parte della gara. Solito rituale: doccia, cambio vestiti e calze, manutenzione bendaggio ai piedi (sempre senza vesciche per adesso) e mangiata pantagruelica con birretta (ah già, Elena non vuole...ok, con tutto il bene, vaffanculo Elena! TVB).
Ad un tratto la pace e la serenità del momento viene infranta da uno dei momenti più tristi del mio Tor.
Un concorrente (italiano) e la sua accompagnatrice si mettono ad inveire e insultare contro i volontari all'entrata della base vita,
rei di non permettere l'entrata all'accompagnatrice. Si sfiora la rissa...devono intervenire diverse persone per calmare gli animi.
Ritorna la calma, rimane la scena vergognosa, che non mi sarei mai aspettato di vedere al Tor, soprattutto contro dei volontari.
Proprio i VolonTOR, persone ECCEZIONALI che fanno di tutto per aiutarci, che non solo non sono pagati, ma che spesso ci mettono del proprio per sopperire a qualche mancanza dell'organizzazione! Loro che passano le notti al freddo per assisterci ai ristori!
La cosa mi lascia scosso, ma mi fa anche riflettere. Esco dalla base vita alle 12:12 insieme a Silvia con un pensiero fisso:
"è questo il Tor che voglio? il Tor è una gara o un viaggio? forse se punto ad un obbiettivo cronometrico sto sbagliando tutto...
non voglio diventare come quel concorrente ingrato!"


(terza tappa - continua)