Gressoney – Valtournenche
Si comincia a fare errori
Ha piovuto mentre dormivo sul lettino a farmi medicare i piedi, e l’umidità che è rimasta nell’aria mi rende difficile la vista. Faccio un po’ fatica vedere le bandierine (andrà meglio quando esco dal paese dove le bandierine riflettono la luce del frontale). Giorgio mi accompagna per il primo chilometro ma dopo poco mi trovo da solo lungo la strada statale e poi sul sentiero lungo il fiume.
Comincia la salita verso il rifugio Alpenzu e, non so perché, noto una baracca aperta, usata per catastare legna e attrezzi da lavoro, situato appena all’inizio della salita. Sono in compagnia a un ragazzo spagnolo – conversiamo, più o meno, in italospagnolo. All’improvviso un tuono fortissimo suona nel cielo e dopo 30” comincia a piovere. Ci vestiamo – giacca, pantaloni. La pioggia comincia essere pesante e i tuoni sono sempre più minacciosi. Adesso capisco perché ho notato la baracca – siamo saliti poco e ci vorranno pochi minuti a scendere. Comunico il mio pensiero al spagnolo ma lui dice di volere continuare. Io scendo, correndo con attenzione sul terreno bagnato. Due minuti più tardi sono sotto il tetto della baracca, dove è già seduta un'altra persona. Chiudo gli occhi e cerco di sfruttare questo momento per dormire un po’.
Venti minuti, trenta? Ha smesso di piovere. Esco e rifaccio la salita che ho sceso cosi in fretta, poco tempo fa. Adesso fa caldo e devo togliere giacca e pantaloni. Arrivo su al Alpenzu in poco tempo. Entro e prendo caffe, pane, prosciutto e formaggio. La sala è accogliente. Si potrebbe stare a lungo qui dentro. Mi dicono che, volendo, ci sono posti per dormire. Sono tentato ma prima controllo i messaggi Whatsapp. Ci sono diversi messaggi ma tutti dello stesso tono – “…stai andando benissimo”, “… fortissimo”, “…..perfetta gestione”. E già, sono veramente forte. Vuoi che mi fermo a dormire proprio adesso? Errore n.1 di questa tappa

. Esco dal rifugio con il petto gonfio. Dopo 30’ capisco che avrei dovuto ascoltare quella voce amico con l’offerta del letto. Sono stanco, fa freddo e qui fuori del bosco c’è un vento assassino. Rimetto la giacca e pantaloni che avevo tolto prima e aggiungo berretto e guanti. Fa freddo lo stesso ma almeno si riesce avanzare, ma il sonno c’è sempre. Vedo una casa abbandonata con la porta spalancata. Entro e trovo uno spazio vuoto ma pulito. Senza togliere lo zaino mi siedo appoggiando la schiena al muro. Chiudo gli occhi e faccio i miei esercizi di training autogeno. Mi fa impressione stare seduto al buio dentro questa vecchia casa ma la respirazione lenta e il rilassamento fanno il loro lavoro. Dopo 15’ mi sento in grado di continuare.
La salita fino al Col Pintor è ripida ma riesco agganciarmi a un bel gruppo. A un certo punto mi trovo davanti al gruppo e sarò io a tirare fino al colle. La discesa dall’altra parte è altrettanto ripida e mi fa un po’ impressione, forse per la stanchezza ma anche per il dolore che sento in mezzo alle dita del piede. Qualche sospetto sul bendaggio al metatarso comincia a venirmi

.Faccio molto fatica nella sezione con catene ma finalmente supero anche questo e mi trovo su terreno più tranquillo. Il resto della discesa passa senza incidente – ricordi vaghi di qualche borgo, di campi coltivati e un bosco finale dove la paura di sbagliare strada era onnipresente.
Finalmente Champoluc. Da qualche ora ho il pensiero fisso che arrivato a Champoluc devo dormire. E anche se adesso con la luce di giorno non ho più sonno, appena arrivo al ristoro chiedo un posto per dormire. Mi indicano un materassino (quelli sottili da tenda) dove mi butto. Faccio fatica a dormire con il culo a stretto contatto con il pavimento e ancora peggio su un fianco. Mi alzo dopo un’ora. Avrei fatto meglio aspettare fino al Rifugio Tournalin o anche Valtournenche per dormire ma avevo questo pensiero fisso in testa. Errore N.2 di questa tappa

.
Mangio e parto, trovando un bel sentiero fino a Saint Jacques. Questo è il punto di partenza per la salita verso la zona delle cime di Polluce e Castore. Cime che ho salito diverse volte da diversi versanti sia con amici che con mia moglie. Noi invece saliamo verso il Tournalin. Già noi, perché ho fatto conoscenza con un ragazzone tedesco. Saliamo spediti, godendo la bella mattinata e velocemente arriviamo al rifugio. Ci siamo solo noi quindi i volontari e il tavolo imbandito sono tutti per noi. Dieci, forse 15 minuti e usciamo in direzione del colle di Nana C’è un vento freddo e teso ma in poco tempo siamo al colle dove mi fermo a fare due chiacchiere con un giovane fotografo (mi sembra della organizzazione Tor). Invece mio nuovo amico teutonico prosegue. Arrivo al prossimo colle dopo una breve discesa e ancora più breve salita. Da qui è praticamente tutta discesa fino a Valtournenche.
Non so quanto ho messo. Comincio a incontrare gente, supero qualche altro runner, arrivo a Cheneil dove venivo spesso anni fa con mia moglie – scialpinismo d’inverno, salite a piedi del Roisetta e del Grande e Piccolo Tournalin d’estate. Faccio una foto e la mando. Sempre più giù e comincio vedere la segnaletica per Cretaz. Una ragazza con maglietta da VolonTor mi dice che manca poco. Infatti è cosi. Gli ultimi metri su strada e poi c’è Giorgio, sempre sorridente, che mi indica l’entrata del tendone. Sono uscito da Gressoney con 20’ di vantaggio sulla mia tabella di marcia ma entro a Valtourneche con 2 ore di ritardo. Non bene! A questo punto vale la pena dire che la tabella che stavo cercando di seguire era per un arrivo in 144 ore.
Giorgio mi fa sedere, mi prende la borsa, mi porta da mangiare e mi riempie le borracce. Chiacchieriamo per 20’ ma poi decido di andare a dormire. Il dormitorio è accogliente e silenzioso. Mi butto su un letto e dormo per un’ora. Sicuramente sarebbe stato meglio dormire qui per due ore che sprecare il tempo a Champoluc.
E stato meglio di niente. Mi sento rinvigorito quando mi alzo. Chiudo la borsa e riparto con solo 10’ di ritardo sulla tabella di marcia. Giorgio mi dice che aspetterà Andrea.