Regole del forum
Questa sezione è dedicata alle anteprime e ai racconti delle gare.
Nel titolo scrivete il nome della gara, la provincia e la data di svolgimento.
Quinta tappa Grande Dixence-Finhaut
69 km
5150 D+ e 6040 D-
Mangio qualcosa e poi vado in doccia, è al secondo piano e prendo l’ascensore. Entro, schiaccio il bottone per salire. Non si muove… sono stanco. Non voglio capire perché non parte.
Schiaccio il bottone dello 0, si aprono le porte e prendo le scale, faccio meno fatica con le gambe che ad impegnare la testa, adesso.
Doccia e scendo al piano terra.
“il tuo amico è al 2° piano”… ma non potevi dirmelo prima della doccia… misteri della fede…
Salgo, confidando ci sia una coperta in camera. Trovo Augusto, sta dormendo su un materasso a terra, vestito con tutto quello che aveva nello zaino. Mi butto sul materasso senza aver niente con me, non riesco a concepire di scendere per prendermi qualche vestito. Dormo 45 minuti raccolto a uovo con sola maglietta e pantaloncino, mi sveglio completamente infreddolito. Scendo al piano terra e dal borsone mi prendo maglia, impermeabile e una maglietta per coprire gli occhi. Torno a letto, Augusto si sveglia e mi chiede due cose, alla prima rispondo, la seconda non so, sto già dormendo. Mi sveglio dopo altri 45 minuti perché Augusto dice “ciao” uscendo. Guardo l’orologio, ho dormito abbastanza, dai. Come quasi sempre, mi alzo prima che suoni la sveglia. Ho dormito 3 ore in tutto questa notte, in 3 posti diversi, quindi è ora di darsi da fare.
Scendo e trovo Giancarla, che sta partendo. Trovo Augusto, rinnova le informazioni sul suo stato, gli hanno messo i tape su un ginocchio ma chiede consulenza a me, a Offriends (amico del forum) e fa almeno altre 10 telefonate a riguardo per sapere se sia sicuro procedere. Non sono medico, ma ho fatto 1 anno e mezzo di gare con i tape, aiutano molto. Solo lui però sa cosa prova e la scelta spetta a lui. Augusto lo vedo in apprensione. Chissà se continuerà a lungo, ma per ora parte.
Io come sto? Fisicamente bene, sia muscoli che giunture.
Di testa ci sono.
Ho fatto qualche cappella, tra cui la depilazione all’ultimo momento delle gambe, il venerdì sera, per possibile applicazione dei tape durante la gara. Adesso ho una vasta zona ricoperta da acne sull’esterno delle due cosce. Non posso far altro che lavare bene e mettere un po’ di pasta fissan.
Ho respirato a bocca aperta per i primi 2 giorni, sento la lingua e il palato urticanti. La lingua si è coperta di una patina bianca, quello che mangio lo sento tutto piccante. Per rimediare a ogni base vita mi lavo bene i denti, anche lingua e palato, durante la corsa ogni tanto gratto lingua su palato per rimuovere cellule morte e cerco di tenere la bocca chiusa. A fine gara il problema sarà risolto. Siamo veramente macchine delicate e dobbiamo preoccuparci di molte piccole cose per poter finire questa pazza gara.
Fino ad ora ho fatto 195 km, 15.000 D+, 6 ore e 45 di sonno.
Andiamo!
La prossima tappa è il tappone.
Il tappone della bottilia?
No, non furlanizziamo… è una tappa di 70 km e 5150 D+, da spararsi tutto in un colpo, ci vorranno almeno 27 ore, più eventuali pause. Come si faccia a concepire di partire per una tappa così lunga… mi tremano un po’ le gambe.
(a casa avevo pensato di dividerlo mentalmente in 3 pezzi, ma arrivato qui non me ne sono ricordato, passando in modalità “apnea”: tratterò il respiro fino a quando non l’avrò finito…)
Parto determinato, con il mio bagaglio di insicurezze.
Sono le 9.20, sono su un sentiero bello e ho appena abbandonato la Grand Dixence (la diga più alta d’Europa, dice l’informativa).
Sul sentiero litigo un po’ con delle pecore rancorose: visto che puzzo più io, in breve scappano. Si sale velocemente verso il Grand Desert, il sentiero non è difficile.
Si raggiunge un ghiacciaio, dal ghiacciaio partono vari rigagnoli che segnano una sabbia finissima e coloratissima: grigio/blu/viola/verde, iridescente. Sarebbe molto bella ma io non me la godo, mi sembra abbiano sversato vernice a terra, sembra proprio il colore delle morchie di scarto dell’impianto di verniciatura dove lavoro.
Fa veramente caldo, trovo un pietrone più grande degli altri, ci sono 40 cm di ombra, mi accartoccio dietro la roccia e mi concedo 2 minuti di frescura. Riparto.
Si sale ancora, non è una salita impegnativa ma il caldo rende tutto asfissiante. Arrivo alla sella e si comincia ad attraversare il Grand Desert, caratterizzato da megapietroni di 2-4 metri di diametro. Il tragitto è segnato qua e là da una bandierina o da una striscia dipinta, ma il percorso è da inventare e indovinare. 4-5 km in cui si sale e scende su questi pietroni, si salta sperando che il pietrone d’atterraggio non balli troppo, si torna indietro perché l’ultimo pietrone dà sul vuoto, tutto questo sotto un solleone impegnativo.
Arrivo al punto acqua, i volontari hanno una stazione di filtraggio e trasformano l’acqua del ghiacciaio in acqua potabile.
Arriva un concorrente, fa motto di andare a svuotare la vescica dietro una roccia, un volontario dice: “non da quella parte! Abbiamo iniziato a raccogliere acqua da lì, e a “farla” dall’altra parte”, ovvio che è meglio non filtrare pipì se si può evitare…
Riparto, patisco ancora il caldo, l’ambiente oltre i 2500 metri con il caldo è veramente impossibile.
Vedo turisti e mi chiedo cosa cacchio ci facciano dei turisti qui… ambiente tristissimo (sono io che non riesco a godermelo, in realtà è un ambiente completamente diverso dagli altri, decisamente affascinante).
Arrivo assieme ad altri in un punto in cui trovo neve. Ne prendo un po’ e mi sfriziono le braccia, cerco di calare la temperatura corporea. Sono decisamente in sofferenza e insisto, anche troppo… le mani cominciano a tremare. Smetto. Riparto con un po’ più di serenità, il sole continua a battere sulla testa, non c’è speranza di trovare un po’ di ombra a breve.
Scolliniamo, ma il sentimento di afa è opprimente. Immagino che il sentiero adesso scenda e finisca in un bel bosco, invece rimaniamo in quota, c’è un saliscendi lunghissimo, ogni tanto con tratti di rocce su cui saltare e un bel burrone sulla sinistra, il sentiero è molto esposto. Raggiungo un megapietrone, c’è una spaccatura con un po’ d’ombra, mi ci infilo per cercare frescura ma la lastra in battuta di sole è caldissima e irradia calore: non va bene, fa caldo anche qui, è una bistecchiera, riparto. A tratti il sentiero sarebbe corribile ma il burrone di lato mi consiglia di andare piano.
Penso a momenti che probabilmente sospenderanno la gara perché fa troppo caldo, non possono rischiare di perdere qualche concorrente perché gli viene un coccolone per un colpo di sole (…aspetta e spera!).
Il sentiero gira e cambiamo versante della montagna, finalmente parte la discesa. Trovo un altro mucchio di neve, mi sfriziono nuovamente le braccia, cerco di bagnare il cappello e prendo un po’ di neve pulita per metterla nelle borracce: ho due borracce di acqua freddissima (per ora). Riparto un po’ più rinfrancato e comincio a scendere con uno spirito più sereno.
La discesa in totale è di 2000 D-, ne ho già fatti 700, infinita. Arrivo finalmente ad una zona con qualche albero, c’è un corridore per albero, fermo, ad aspettare che la temperatura corporea si abbassi. Mi faccio una borraccia di sali e scendo, voglio arrivare al ristoro veloce. Il caldo cambia genere, da caldo in quota diventa caldo da vallata, l’effetto su di me purtroppo non cambia.
Manca pochissimo.
Ho un’epifania che mi rende il mondo e la vita più chiari: ho la maglietta termica (probabilmente la più spessa di tutta la settimana) e sopra una maglietta che tanto traspirante non è… creando effetto serra. Provo ad alzare le magliette e la percezione del caldo diminuisce immediatamente…. KEKKOGLIONE… anche se manca meno di 1 km mi fermo, tolgo lo zaino e resto con la maglietta leggera. SIRESPIRAA!!
Mi vergogno di me stesso… chissà se me ne fossi accorto prima quanto caldo avrei patito di meno…
Arrivo al ristoro, il clima è di festa ma io sono un po’ rintronato. Saluto Paolo e Giulio, poi incontro Augusto, scambio 2 chiacchiere, mangio tanta anguria e bevo acqua e menta, pian piano mi reidrato e torno nel mondo dei vivi. Prendo un piatto di raclette fatta sul momento, con l’immancabile patata con la buccia che non sopporto. Mangio pancetta e torta. Dedico a questo ristoro almeno mezz’ora ma la fatica del Grand Desert è lunga da smaltire e va bene così.
Saluto Augusto che rinnova le sue ansie per il suo ginocchio, prendo un po’ di torta e la metto in una bustina zip-lock per il viaggio. Riempio una borraccia di acqua e menta e l’altra di sali.
Guardo l’altimetria sulla parete del ristoro, a penna hanno scritto che non siamo a Le Plampro ma a Lourtier, quindi abbiamo fatto 400 D- in più (e dovremmo fare 400 D+ in più per risalire). Mi fa un po’ incacchiare questa cosa, la mia programmazione a questo punto rischia di saltare. Riparto, sapendo che adesso ci sarà una traversata per riprendere il sentiero giusto.
Arrivo all’inizio della salita prevista originariamente, non avrò molto tempo prima del buio. 900D+ da fare in 3 km. Magicamente inizio ad attaccare la salita come se fosse un vertical isolato, come se fossi fresco, voglio scollinare senza dover usare la frontale. Arrivo quasi in cima, incontro nella penombra un ragazzo con i sandali (sarà reale?) che mi dice che manca meno di un quarto d’ora. Accellero ancora e scollino con un principio di buio importante. Una ragazza mi dice che c’è un ristoro aggiuntivo, dove si può anche dormire, a 100 metri. Faccio la foto ad un cielo nero con una striscia aranciata dove una volta c’era il sole e mi tuffo nel rifugio. The, biscotti, la ragazza dietro al bancone molto carina ma che non mi degna di uno sguardo nonostante il mio fascino, mi sa che stasera non si ciul… vabbè…. Proseguo, dai. Impermeabile, frontale e mi rituffo nel buio.
Al prossimo ristoro ho programmato mezz’ora di sonno.
Adesso ci sono 5 km di saliscendi, caratterizzati da 1 km in piano/discesa e 200 m di salitina. Faccio il primo tratto in discesa in cui corro su una carrabile larga e facilissima. Se è tutta così, questi 5 km me li mangio in un boccone. Salitina. Chissà come si riprende quella bella carrabile adesso! Discesa impossibile tra rocce e ruscelli, salitina tra pareti rocciose, a momenti fa caldissimo e a momenti c’è una corrente molto fredda, alzo e abbasso la zip. Saranno passati 5 km? Guardo l’orologio che impietoso dice che sono passati solo 1500 metri dal ristoro abusivo… rimpiango la carrabile corribile. Mi adeguo all’idea che sarà tutta così, le gambe si rassegnano ad un salta/scavalca sfiancante.
Finalmente passano i 5 km, dovremmo salire bene fino a Ecuries de Mille, ma le luci di chi mi precede sono in quota, poco più in alto o poco più in basso ma sicuramente non stanno salendo.
Comincio ad agitarmi, il percorso non è quello previsto.
Ci sono talmente tante cose che possono generare imprevisti in una gara come questa, la programmazione del percorso non era tra queste e mi dava sicurezza. Ora anche il percorso diventa un’incognita, sono nel limbo, il caos è completo. Sono disorientato e incacchiato.
Vado avanti, guardo l’orologio e l’altimetria. Eh, ma caxxo… dove stiamo andando?
Il percorso non è difficile, ma io non sono sereno. Guardo dietro a me, c’è una frontale che si avvicina, io procedo un pezzo e mi fermo riguardando l’altimetria. Ho l’ansia che il tipo dietro mi prenda, ma ho anche l’ansia di aver sbagliato io qualcosa… le balise sono lì… ma…
Prendo il telefono e carico la traccia: mi conferma che sono sul percorso giusto. Finalmente una notizia certa e positiva. Mi rilasso. E parto determinato su questo sentiero, che alla fine non è nemmeno male, dai!
Procedo, la frontale che mi segue mi sta illuminando i talloni ma non mi prenderà! Il percorso gira in salita su un prato, dritto per dritto in salita. Avanzo senza cedere un centimetro. Si vede un gazebo con delle luci flebili. Arrivo a questo gazebo, 6x3, nel mezzo del prato, in balia dei venti. Ricordo che in un ultimo aggiornamento pregara si parlava del ristoro Alpage de Mille e non Ecuries… ma non mi convinco. Il gazebo svolazza per il vento forte e con il mio francese-che-non-so-il-francese chiedo a due ragazzine “il è il revitalleman??”, non capiscono e passo all’inglese (traduco) “ma non sarà mica questo il ristoro, caxxo!!”, due ragazzine spaventate mi dicono di sì, quasi scusandosi… chiedo se c’è un altro posto per dormire, ma mi dicono che l’unica soluzione è buttarsi nel prato, assieme ad altri 4 poveri cristi, all’interno del gazebo con i teli svolazzanti. Il ristoro è povero, hanno messo un pannello in bilico su uno scatolone e rischia di ribaltarsi… Sopra quattro cose da mangiare. Cerco di tranquillizzarmi e parlo con le volontarie per scusarmi dell’atteggiamento di prima, mangio un pezzetto di banana e mi butto a terra, con il mio corpo ancòro il telo del lato del gazebo a terra. Mi ritrovo di fianco alla coppia friulana. Dopo 5 minuti mi dico che non riuscirò mai ad addormentarmi, finita la frase sono già tra le braccia di Morfeo. 30 minuti e mi risveglio, vedo la coppia friulana in procinto di partire, gli chiedo di aspettarmi, mi alzo e mi preparo veloce mentre il telo del gazebo torna a sbandierare libero e felice. Chissà se avesse piovuto cosa sarebbe successo qui…
Lasciano che guidi io: conscio che loro hanno un ritmo più veloce del mio parto a 1000. Dopo 500 metri uno dei due si ferma a togliere l’impermeabile, io approfitto per togliere i pantaloni antipioggia usati per la nanna. Continuo a tirare a 1000, ma capisco che nemmeno loro hanno questo ritmo. Prima di decidermi a rallentare, scolliniamo. Che notte strana.
Siamo in cima, adesso ci aspettano 1600 D-. Parliamo un attimo, io so che se li perdo sarà una notte d’inferno, ma in discesa sono più veloce io e ormai sono sereno, non rimarrò solo. Uno dei due ha un problema agli occhi congenito e in discesa preferisce stare dietro, così segue i talloni di chi lo precede e non inciampa. Faccio strada io? Ok, perfetto.
Sul sentiero tiro bene, sempre senza correre ma con un passo molto vivace mentre scendiamo su questo tratto pendente. Quando il sentiero diventa facile rallentiamo e parliamo del più e del meno. Poi acceleriamo di nuovo quando la strada diventa tecnica, ci divertiamo. Asfalto e andiamo a passo di lumaca. Sono felice di poter parlare con qualcuno, in italiano o addirittura in friulano.
Ci confrontiamo sulla strada fatta e ancora da fare, abbiamo fatto 7 km e 400 m D+/D- in più rispetto al previsto, manca poco al ristoro, dove io dormirò 1 ora e loro 2 (ci avrei scommesso…).
Arriviamo al ristoro, prendiamo pasta fredda condita con dressing per insalata (la majonese… nella pasta…), chiediamo per dormire, non hanno posto. Si libera immediatamente un posto e mi invitano ad approfittarne. Mi portano in uno scantinato e mi getto su una brandina per un’ora meritata di sonno. Dopo 1 h mi alzo, il cielo sta schiarendo, salgo e prendo un’altra porzione di pasta con la majonese (scusa mamma, ho peccato…). Incontro Giancarla che mi dice che si ritira per poter riposare per almeno 3 giorni in vista del TOR, le faccio i miei complimenti per il coraggio e la saluto.
Mi confronto con i due bergamaschi, questa gara è veramente cattiva e non la suggerirei nemmeno a chi mi vuole male… momenti di sconforto alternati a momenti in cui ci sentiamo molto bravi.
Riparto, mi faccio un selfie cercando di sembrare normale. Ho una faccia da schiaffi e gli occhi gonfi, ma quanto sono felice!
Saluto due vecchietti: non sono ancora le 7 di mattina, uno sta zappando l’orto e l’altro lo ha fermato nel suo lavoro per scambiare due chiacchiere. Che gente strana… io, vedi, sono normale!
Attraverso Champex du Lac, è praticamente il primo paese effettivamente turistico, c’è un lago con un percorso pedonale /ciclabile che lo contorna, ci sono alberghi e appartamenti. Gente che fa colazione sul terrazzo o nei bar. Molte aiuole curate, piene di fiori. Una panchina ogni 30 metri, ogni panchina con il suo vecchietto che pesca nel lago. Saluto tutti i vecchietti, nessuno mi risponde. Tutti sono concentrati nella pesca in questo lago, troppo piccolo per avere pesci per tutti. Incontro un vecchietto che cammina con la canna e al seguito suo nipote, ha fretta ed è incazzoso, probabilmente non troverà una panchina libera per colpa del nipote che non voleva alzarsi dal letto… saluto anche lui, ma sta bestemmiando sottovoce in svizzero e mi scanso per evitare di prendermi pure un calcio in culo. Non sono le 7:30 ma la giornata per lui è rovinata. Sorrido.
Trovo vari turisti che si stanno preparando per un’escursione.
Attraverso un bel parco con i suoi bei sentieri, sarebbe bello tornarci con calma.
E arrivo alla vallata della salita alla Fenetre d’Arpette, l’ultima fatica di questo tappone infinito. Guardo il cellulare, Augusto mi avvisa che si è ritirato. Mi dispiace, ci sentiamo un attimo al telefono. Sono sinceramente dispiaciuto, devo dire che un po’ lo temevo: lo vedevo molto preoccupato per la sua situazione, ma speravo e tifavo che riuscisse comunque a continuare. Lo saluto e scanso i pensieri tristi dalla mia mente, sennò rischio la stessa sorte.
Trovo una mandria di mucche che sta salendo il mio stesso sentiero. Comincio una danza con ogni singola mucca, quando le mucche sono in movimento hanno un passo più veloce del mio, ma ogni tot si fermano. Mi arrampico sul lato del sentiero, rocce, rovi, supero una mucca e mi ributto sul sentiero. Ma la mucca torna a muoversi e devo scansarmi per lasciarla passare e evitare di essere incornato. Dopo 5 minuti sono ancora dietro a tutte. La mucca con il cartello “fine corsa” mi guarda, alza la coda e si alleggerisce, muove leggermente la coda per lanciarmi i suoi petardi freschi addosso, io schivo veloce e mi rilancio sul pendio. Rido e mi lancio alla carica, mezz’ora in cui mi arrampico, salto, dico tantissime volte “muuu” per mimetizzarmi, mi scortico le gambe, mangio mirtilli e alla fine ce l’ho fatta, sono in testa alla mandria bovina. Sono soddisfatto ma non calo l’attenzione, se vogliono mi riprendono e quindi corro in salita come se avessi le vespe nelle mutande. Mi fermo dopo un tempo ritenuto sufficiente e mi tolgo scarpe e calzini, ho bisogno di mettere la crema prima della scalata, visto che la pelle è a rischio lacerazioni. Non ho ancora finito l’operazione che le mucche mi hanno quasi raggiunto. Scappo con le scarpe slacciate, poi mi rifermo per allacciarle. Il sentiero d’ora in poi è di pietre e roccia cruda.
Ci sono anche alcuni turisti, con uno faccio un pezzo di salita e così non mi accorgo che sto praticamente salendo in verticale. Raggiungo la sella, ci saranno almeno 15 turisti, una novità per me, in questa gara da solista. Saluto, scambio 2 chiacchiere, riparto, non è il momento di fermarmi. Dopo 500 metri mi dico che sarebbe stato il momento, effettivamente, di fermarmi un attimo… mi siedo e mi rilasso. Ho diritto a 3 minuti di relax. C’è un ghiacciaio sulla sx molto vicino.
Poi riparto, tratto ben tecnico all’inizio, che si trasforma man mano in un sentiero relativamente corribile. Si scende velocemente, supero alcuni turisti, è una zona abbastanza trafficata rispetto ai giorni precedenti in cui non si vedeva nessuno per tutto il giorno.
Entro nel bosco, vedo un ragazzo seduto e mi viene l’idea che un microsonno sotto l’ombra degli alberi ci starebbe proprio bene. Presto fatto, mi butto per terra per 15 minuti di sano riposo. Ho un sasso sulla schiena, non ho balle di alzarmi e scivolo in su e in giù fino a trovare una posizione in cui non mi penetra nella spina dorsale. Dormo. Che lusso! 15 minuti sono la misura giusta di giorno, ti tolgono la nebbia dalla testa e riparti di slancio. In effetti in ogni gara è diverso, questa volta per me va così: per fortuna l’ho capito e messo in pratica.
Il sentiero adesso diventa una ciclabile sterrata, infinito, con un ruscello di lato, tanti turisti. Dovrebbe durare 1 km, quindi lo cammino, correrò quando inizia la discesa.
3 km, sono ancora sulla ciclabile…
Guardo la traccia sul cellulare, sono fuori traccia!!! Le balise ci sono… ma… comincio a sparlare con un ragazzo, mi dice che stiamo facendo una variante… ma perché devono cambiare il percorso a piacimento…
Finalmente parte la discesa, scambio 2 parole con questo ragazzo, è francese della zona di Lione. Prima di rincoglionirlo di parole lo saluto e cerco di accelerare.
Arrivo al ristoro di Trient, sono le 2 e mezza del pomeriggio e ovviamente fa caldo. Il ristoro è su una pedana di legno, sopra hanno montato un telone da sagra aperto sui 4 lati.
Da mangiare ogni ben di dio, qui hanno anche specialità belghe, mi soffermo particolarmente su anguria (non belga) e waffeln. Mi faccio fare un piatto a 3 strati: pasta, patate pasticciate, spezzatino di carne sopra. E’ dalle 6 e mezza di stamattina che non mangio veramente.
Arriva un corridore e si spatascia a terra a bordo pedana. L’altezza di 10 cm di pedana è stata fatale. Non si muove… si alzano varie persone e lo issano in piedi. Cammina trascinandosi e si siede davanti a me. Gli parlo in inglese ma non mi risponde, è come in stand-by.
Mi alzo a prendere altro da mangiare, mi giro e vedo sul pettorale che è italiano. Gli dico che anch’io sono italiano, “sei tu che mi parli in inglese!!”. Magari sono cotto io, ma anche lui non scherza. Gli chiedo cosa c’è che non va, ha i quadricipiti completamente bloccati, non riesce più ad alzare le ginocchia. Cerco di consolarlo, tra 7 km troverà i massaggiatori, “io 7 km non riesco a farli”, si ritira…
Metto 2 waffeln nello zaino e parto, voglio arrivare alla base vita.
Cacchio, questi 7 km… me li avevano descritti come l’inferno ma non ci avevo creduto… 700 D+ e 800 D- concentratissimi. Cerco di farmi coraggio, ho perlomeno la pancia piena e tra un attimo andrò a dormire.
Reincontro il francese di Lione, scambio 2 battute e lo lascio indietro in discesa.
Due mucche protestano davanti ad un contenitore vuoto dell’acqua… fa caldissimo e sembra che nessuno gli abbia portato da bere, evito di dagli i miei sali...
Finalmente arrivo a Finhaut, base vita, dopo 76km e 5500 D+. Che tappa incredibile! E sono ancora in piedi.
In totale sono a 270 km, 20.600 D+ e 20.700 D-.
Leggo spesso ma non scrivo quasi mai, ma stavolta voglio ringraziare Boborosso per il racconto 'a tappe'... Sembra veramente di essere sui sentieri con te, conosco bene Paolo e Pascal che erano alla Swisspeaks... siete dei MOSTRI! Grande e attendo con piacere il resto del viaggio!
Sinceramente, preferisco narratori che riescono a ripulire il proprio racconto da inutili orpelli. Come diceva un noto scrittore ad un amico "scusa se ti ho scritto una lettera così lunga, avevo poco tempo". Tutta la mia simpatia a Boborosso, ma preferirei affrontare un'ultra che un suo racconto
mircuz, tutto giusto.
diciamo che c'è chi preferisce le 80k e le fa egregiamente, e chi è tagliato per le 200k.
idem per i racconti.
la dico meno "appoggiata piano": mi va veramente bene un mircuz che scrive quello che scrive, al contrario di un altro che invece dice "boborosso (o altro, il nome non è importante), piantala di sbrodolare che hai rotto le scatole".
ecco, su questo forum ciascuno può ermetizzare oppure scofanare di dettagli.
tanto, nessuno è obbligato a leggere tutto.
a differenza della vulgata odiosa e cogliona dei vari "social", ma qui si sconfina.
Se devo fare un ultra, mi va benissimo leggere le telecronache fiume, e prendere un po' di esperienza da chi ha corso. Le leggo con estrema cura. Se devo leggere un racconto per piacere, allora mi interessa di più raccogliere una emozione, che non leggere che mi sono messo la maglia, mi sono tolto la maglia. Poi uno legge quello che gli pare, ma prendere in giro (amichevolmente) uno troppo prolisso, non mi sembra una cosa grave. Se dico qualche cazzata e mi sperniacchiate, non me la prendo mica
mircuz, per me non ne hai dette, infatti ribadisco che sono d'accordo con le tue osservazioni.
davvero ne approfittavo (andando un po' fuori tema, mi spiace ma mi premeva precisare la cosa) per dire quello che penso circa qualche censura che ogni tanto mi pare che - senza alcuna motivazione né giustificazione - ho visto girare.
p.s. boborosso DEVE essere preso in giro. su questo non si discute.
Che ci posso fare... sono uno che parla molto e in genere deve stare attento a non rincoglionire troppo chi mi sta vicino. Questo vale ancor di più quando sono stanco. Riporto questa caratteristica nella scrittura.
Ho cominciato a scrivere per ricordare. A distanza di anni ho paura che ricorderò solo di aver corso per un periodo. Emozioni, paure, difficoltà, tutto perso.
Chissenefrega dei km e del dislivello, ci sono gare con numeri simili ma per niente comparabili. Lascio ad altri la descrizione tecnica della gara.
Mircuz, mi avevi già avanzato in un altro racconto la stessa considerazione. Ne faccio tesoro, probabilmente sono pure d'accordo con te, ma non cambierò il mio modo di scrivere. Non è riuscita mia moglie a cambiarmi...
Scrivo per me, se altri vogliono tuffarsi nella mia avventura spero di riuscire a fargli cavalcare le mie emozioni, con le mie scarpe rovinate e il mio modo leggero di vivere e affrontare le difficoltà. Che figata l'ultratrail!