di Carla Putzu
Psicologa Psicoterapeuta e Neuropsicologa
@CarlaPutzuSportsPsychologist
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Foto (c) Alexis berg (Lavaredo Ultratrail)
L’ansia è di solito uno stato d’animo comune, utile e con funzione protettiva. La possiamo sperimentare in tutte quelle situazioni di vita, in cui ci sentiamo minacciati della perdita di affetti, sicurezza o benessere.
Quando una situazione viene identificata come minaccia, la risposta automatica conseguente è uno stato di attivazione psico-fisiologica (Arousal) che spinge all’azione, la cosiddetta risposta di attacco o fuga: l’aumento della circolazione sanguigna (percepito come palpitazioni), lo spostamento del sangue dai visceri verso i muscoli (avvertito come ridotta salivazione, nausea, fastidio addominale), l’aumento del drive respiratorio (difficoltà a respirare) e la riduzione dell’attenzione (minor concentrazione su altre cose) sono alcuni dei sintomi associati al naturale incremento dell'arousal.
Abbiamo già visto come per livelli di attivazione ottimali si ottengano prestazioni ottimali; ma quando l'ansia è eccessiva diventa un ostacolo per le nostre sfide.
La psicologia ci insegna che non è solo il nostro stato mentale a influenzare il nostro corpo, ma anche il nostro corpo ha il potere di modificare i processi mentali. Punto di partenza del rilassamento progressivo è questo rapporto reciproco tra tensione psichica e tensione muscolare. La distensione procede per gradi, da qui l’aspetto sistematico e progressivo del processo: a rilassamento segue distensione psichica, da cui deriva un ulteriore rilassamento muscolare.
La tecnica del Rilassamento Muscolare Progressivo (RMP) è stata ideata dal medico e psicofisiologo E. Jacobson (1929) e ripresa da Wolpe (1937), che ha formulato una versione breve, effettuabile in 6-7 sedute. Il procedimento permette al soggetto di apprendere in prima persona come attivare il sistema nervoso parasimpatico, rendendo così incompatibili le reazioni di attivazione dell'organismo. La conseguenza è una riduzione dello stato di tensione generale e una serie di eventi fisiologici derivati da questa condizione. L’esercizio costante e ripetitivo favorisce il consolidarsi di un processo circolare virtuoso, che comporta:
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Modificazioni somatiche, quali rallentamento e regolazione del respiro, diminuzione del consumo di ossigeno, riduzione della frequenza cardiaca, riduzione della conduttanza cutanea, della pressione arteriosa, del tono muscolare scheletrico; aumento del ritmo alfa nel tracciato elettroencefalografico, (indice di veglia rilassata), riduzione di disturbi del sistema vegetativo (gastroenterico), potenziamento del sistema immunitario.
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Modificazioni psichiche, come la consapevole percezione di un profondo stato di quiete e l'aumento della percezione di controllo volontario sulle reazioni psicofisiologiche legate all’ansia.
Il principio di base di questo metodo consiste nell’apprendere a identificare le sensazioni legate alla contrazione muscolare di diversi distretti muscolari del corpo, isolandoli uno alla volta, e a riconoscere la differenza tra tensione e rilassamento muscolare, in maniera progressiva, procedendo per settori corporei.
L'osservazione che a una contrazione muscolare segue una più profonda distensione appare paradossale, in quanto il rilassamento è raggiunto attraverso la contrazione. La fase distensiva deve essere visibilmente più lunga di quella di contrazione e può essere potenziata dirigendo l’attenzione consapevole proprio sulla transizione tra fase di tensione e fase di distensione. Spesso, infatti, non ci accorgiamo di essere in uno stato di contrazione finché non decidiamo di rilassare quel muscolo!
A questa procedura va associata, inoltre, un tecnica di respirazione controllata, che aiuterà a indurre il rilassamento. La respirazione forzata aiuta il rilassamento, favorisce la concentrazione, aumenta la capacità respiratoria, riduce la frequenza respiratoria e il consumo di ossigeno. Man mano che si procede con sedute successive di allenamento, le persone impareranno a rilassarsi solo attraverso la respirazione, grazie al principio psicofisiologico del condizionamento classico o rispondente.
Possedere una competenza non implica il doverla usare sempre, ma l’averla a disposizione al momento opportuno, quando percepiamo che i nostri livelli di attivazione stanno per divenire eccessivi e controproducenti per la nostra prestazione, ad esempio nei giorni immediatamente precedenti una competizione.