Testo di Davide Grazielli
© Ph. Alice Russolo
Le ragioni per cui corriamo, come quelle per cui ci mettiamo un pettorale addosso, cambiano, si evolvono. Altrimenti sarebbe difficile trovare la voglia e lo stimolo di continuare a fare quello che facciamo solo per il piacere di stare fuori una, due o cinque ore. O meglio, potremmo ottenere lo stesso risultato con altre mille attività, tutte belle e legittime.
Questo per dire che negli ultimi anni, raramente avevo avuto voglia di "fare" una gara: a volte volevo essere presente per gli atleti, a volte preferivo fare il tifo, a volte facevo assistenza o da pacer, ma guardavo sempre tutto dall'esterno.
Ma Dolomiti di Brenta... aveva qualcosa di diverso. Intanto, quando tutti, indistintamente, ti dicono che i paesaggi sono stupendi, qualcosa sotto c'è. E poi, era la gara a cui non mancava mai Paco. Il venerdì parcheggiava il suo Doblò, e una volta la correva con gli amici e l'altra magari dava una mano. Ma il ricordo che credo abbiano tutti quelli che hanno corso Dolomiti di Brenta negli ultimi anni, sia quello di lui e i ragazzi di Trento in cima al Muro ad incitare (a modo suo) i runner.
E così, mi ritrovo venerdì sera a riprendere la solita routine pre gara, il materiale obbligatorio, cosa porto da mangiare e poi la roba pronta in fondo al letto e il pettorale spillato. La sveglia, colazione, le quattro chiacchere in partenza con gli amici: non me ne rendo neanche conto che è ora di partire. La prima salita passa, sono ancora lì a chiaccherare con questo e quello, la giornata è splendida ed il posto, effettivamente, è incredibilmente bello una volta sbucati fuori dal bosco. Ristoro del Gaffer e mi ritrovo solo: è qui che quasi in automatico ritornano in testa le piccole abitudini, i giochini mentali che tutti facciamo in gara per restare concentrati. E'una sensazione che mi mancava, l'assoluta concentrazione sul bisogno essenziale di "andare avanti". Più ci addentriamo nella gara e più il paesaggio diventa maestoso e lunare, finché in fondo alla valle vedo il Muro. E realizzo che no, non ci sarà nessuno a dirmi che "questa non è una gita CAI" e di "correre a ginocchia alte" o che "l'ultrarunning è una cosa seria". Ma la vita, come il percorso della gara, non si ferma qui. E allora la sorpresa di vedere Tommy, Francesca e Fiona in cima ad incitarmi mi ricorda che c'è ancora strada da fare. Mi butto in discesa e cerco di far passare i chilometri. E mi scopro col sorriso sulle labbra e la voglia di stare lì, a scavare ancora un po': sensazioni assopite che si risvegliano piano piano. Incontro Mari che mi da appuntamento alla fine e mi chiedo se davvero voglio che la giornata finisca. Poi le mie gambe mi ricordano che per oggi va più che bene così. Finish line, sorrisi, abbracci, ma il mio momento più bello l'ho già lasciato dietro. E'stato quello in cui ho capito che c'è ancora un posto per me in questa comunità. Anche col pettorale addosso.
Grazie Dolomiti di Brenta, a volte la corsa ci regala grandi rivelazioni, a volte piccoli momenti. A volte spolvera ricordi dolorosi, ma che ci fanno sentire vivi. E questo è quello che ho trovato a Molveno.
La gara lunga è stata vinta dal local Federico Nicolini che è andato subito in fuga e non si è mai guardato indietro: prestazione eccellente su un terreno non facile, ma che conosce alla perfezione. Secondo un Christian Modena che ha finalmente ritrovato il passo e le sensazioni di un tempo. Terzo il sempre prolifico (e costante) Diego Angella. Tra le donne Julia Jedrecic vince con un distacco rassicurante, ma dietro di lei c'è battaglia fino alla fine: completano il podio Anita Mazzai e Valentina Moderana staccate di poco. Nella 45 km invece, David Haunschmidt dalla Nuova Zelanda vince la sfida con Michele Meridio, che conferma dopo l'ottimo piazzamento alla OCC uno stato di forma eccellente. Terzo, più staccato Matteo Breda. Tra le donne Andrée Merli con una gara gestita in maniera esemplare scala le posizioni e vince con un buon distacco su Marika Zeni, mentre Magda Moroni vince la battaglia serrata per il terzo gradino del podio.
Quest'anno c'era anche una 21 km che vede sul gradino più alto due stranieri, a suggellare una nutrita presenza di persone provenienti da diverse nazioni: tra gli uomini vince il sudafricano Rocco Zizzamia su Allesandro Ghirardi e Luca Troncar, tra le donne la maltese Mikaela Borg precede Sara e Noemi Casari.