di Carla Putzu
Psicologa Psicoterapeuta e Neuropsicologa
@CarlaPutzuSportsPsychologist
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Anni '70. Mihaly Csikszentmihalyi, tra i principali esponenti della Psicologia Positiva, ci regala i suoi studi sul processo creativo e sull'esperienza totalizzante del flusso di coscienza, quello stato in cui si ritrova, chi è in pieno contatto con se stesso e la propria azione, durante l'esecuzione di un compito, sia esso un processo creativo artistico, il lavoro di un chirurgo o la performance di un atleta.
“Nei momenti in cui sono stato in assoluto più felice della mia prestazione, ho avuto la sensazione di essere una cosa sola con l'acqua, con ciascuna delle bracciate che davo e con tutto quello che mi circondava... ero un tutt'uno con quello che stavo facendo. Sapevo esattamente come avrei nuotato durante la gara; sapevo di essere padrone di ogni mio gesto (…).”
“Perdi il senso del tempo e sei completamente rapito da quello che stai facendo (…). Non esistono il passato e il futuro, ma solo un presente in cui ti trovi."
A parlare, rispettivamente un nuotatore e un poeta. Ma potrebbe essere ciascuno di noi, runners spiritati! A chi è capitato di avvertire che il tempo perdeva la propria dimensione abituale, con una sensazione quasi di “testa leggera”, in cui potevi percepire ogni muscolo del tuo corpo, mentre eseguiva perfettamente il gesto della corsa, senza avvertire fatica, senza preoccupazioni, ma solo con una piacevolissima impressione di essere capace di fare?
L'esperienza di flow è proprio questo: una condizione psico-fisica in cui siamo particolarmente concentrati sul compito, o sul gesto atletico, ne siamo totalmente coinvolti da un punto di vista emozionale e contemporaneamente percepiamo che la difficoltà dell'azione e la nostra capacità di eseguirla sono in pieno equilibrio, regalandoci sensazioni di piacere intrinseco, che derivano dalla soddisfazione di riuscita.
Questo stato mentale ottimale richiede impliciti presupposti:
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un compito, ovvero un obiettivo, che sia per noi, sufficientemente stimolante, cioè vissuto come abbastanza difficile; per noi, sottolineo per noi!
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capacità tecniche adeguatamente bilanciate per affrontare il compito, percezione che lo sforzo sia adeguato alle richieste: dobbiamo sentirci capaci ed impegnati, al punto giusto;
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profondo interesse e attenzione, orientata solo sulla situazione che stiamo vivendo in quel preciso istante, senza giudizio, senza aspettative, senza distrazioni.
È importante comprendere che l'esperienza ottimale descritta è raggiungibile da chiunque, non serve essere dei campioni: il punto chiave è la percezione individuale dell'equilibrio che si trova tra le sfide che ci poniamo e le abilità che possediamo per risolverle! Non si tratta di dati oggettivi, di obiettivi predefiniti o di capacità standard. Quando mi sento pienamente assorbito dalla mia prestazione e ogni risorsa mentale è impegnata nell'esecuzione delle azioni necessarie al mio compito, questo è di per sé fonte di benessere e mi conduce ad avere una prestazione perfetta, senza cercarla.
“Io sono le mie gambe”: questo pensiero è comparso spontaneamente nella mia mente, in uno dei miei rari momenti di flow, in cui le uniche sensazioni consapevoli provenivano dai muscoli delle mie gambe, che avvertivo forti, precise, abili, leggere e perfettamente sincronizzate col mio respiro e il mio cuore! Adesso uso quel pensiero, richiamandolo volontariamente, ogni volta che cerco di portare l'attenzione sul compito.
Possiamo immaginare l'esperienza di flow come una linea sottile, che deriva dalla coerenza tra difficoltà delle sfide e abilità possedute: difficoltà troppo elevate per bassi livelli di abilità raggiunti, forniscono percezioni di inadeguatezza, ansia e stress. Al contrario, se il compito è vissuto come troppo semplice rispetto alle nostre capacità, sperimenteremo noia o insoddisfazione. Va da sé che le variabili in gioco sono del tutto uniche per ciascuno di noi. Ad influire anche le condizioni, estremamente variabili, dell'ambiente, della personalità, del tipo di attività, dello stato di salute o di forma, e tante altre ancora.
Il messaggio è che non possiamo aspettarci il flow, se stiamo inseguendo le sfide di qualcun altro o se il nostro controllo attentivo è orientato al corridore davanti a noi...
Durante questo tipo di esperienza è chiaro, va tutto bene, tutto scorre, appunto, e se mi trovo in questo stato molto probabilmente otterrò quella che poi descriverò come la mia prestazione migliore.
Forse.
Oppure potrebbe accadere qualcosa, qualsiasi cosa, che spezzi il flusso di energia.
In questo caso, beh, è assolutamente d'obbligo aver preparato un piano B.
Ma di questo vi racconto la prossima volta!