Così lontano, così vicino

di Andrea Vagliengo

Corre, Nizar.

Corre disperato, per le vie di Aleppo.

La polvere sulla strada ovatta il suono dei suoi passi. I bombardamenti della sera prima sera hanno distrutto tutto ciò che rimaneva della sua casa, della sua famiglia. Vorrebbe bere un sorso d'acqua, ma non c'è neanche più quella. Ricorda quando Aleppo era solo una città come tante altre, in cui giocare a pallone per strada senza pensare a nulla.

Corre, Nizar. Nella tasca del suo ultimo, sgualcito paio di pantaloni ha una foto. Gliel’ha regalata Sebastién, un fotografo francese. Quando s’incontrarono, stavano entrambi fuggendo dai bombardamenti. In quel passo veloce, in quel busto eretto e fiero, Sebastién vide qualcosa. La luce, il fuoco che ardeva negli occhi di quel ragazzino impaurito lo commosse. Così, tirò fuori dallo zaino una foto, che aveva scattato lui stesso l'anno precedente. La diede a Nizar, avrebbe voluto dirgli "Fai come lui, corri. Corri via da tutto questo", ma il suo arabo gli permise soltanto un "Per te, ragazzo". Nizar fissò prima il cielo blu cobalto sullo sfondo, poi le creste di roccia su cui il ragazzo esile della foto sembra quasi volare, leggero, con le sue strane scarpette bianche e rosse e quei capelli scuri, scarmigliati dal vento. Nizar pensò che non aveva mai visto nulla di più bello. Ringraziò Sebastién con un sorriso, poi arrivò l'esplosione, la più forte che avesse mai sentito. Quando riprese i sensi, intorno a lui c'erano solo urla e disperazione. Un uomo, ricoperto di sangue e polvere, gli passò davanti, con in braccio il figlio ferito e privo di sensi. Cercava aiuto, entrambi sapevano che non l'avrebbe trovato.

Nizar mise la mano in tasca, tirò fuori la foto e per la prima volta nella sua giovane vita la paura si trasformò in autentica collera. Così cominciò a correre, districandosi fra le macerie della sua infanzia e facendosi strada fra le sue stesse lacrime, sempre più veloce. Corse verso quel futuro che non avrebbe mai vissuto, verso il cielo oscurato dalla polvere, dal fumo nero dei bombardamenti. Corse stringendo quella foto in pugno come se fosse l'unica cosa che gli rimaneva al mondo.

Forse, con un po' di fortuna, sarebbe riuscito a scappare da quell'inferno. Magari, se avesse corso abbastanza forte e abbastanza lontano, avrebbe raggiunto anche lui quel paese libero, in cui le montagne sono alte, innevate e arrivano a sfiorare il cielo. Quel paese in cui un ragazzo come lui poteva correre su un sentiero, invece di scappare dalla guerra.

Corre, Nizar.

Non può fare altro, così corre verso il futuro, provando ad essere più veloce dell'odio e delle bombe.

E tutti noi corriamo insieme a lui.

 

Editoriale, Spirito Trail n. 94, novembre 2016