PARLIAMO DI TOR

A tu per tu con Alessandra Nicoletti (presidente di VDA Trailers) e Paolo Griselli, organizzatori del TORX®

 

A cura di Matteo Grassi

Foto © TORX 2022

 

Il Tor è l'appuntamento clou per eccellenza. Quello che sta all'apice della stagione, se non addirittura di una carriera sportiva. È un sogno per molti, un agognato traguardo per alcuni, un'esperienza che cambia la vita di chi l'ha provato. E poi da sempre scatena un gran parlare e scrivere e commentare, nel bene e nel male, e così come si dice "perché Sanremo è Sanremo" altrettanto potremmo dirlo del Tor.

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© Ph. Davide Verthuy

 

Si è da poco concluso il Tor des Géants 2022, giunto alla tredicesima edizione (la prima fu nel 2010, mentre nel 2020 non venne disputato per la pandemia Covid-19).

Com'è cambiato il TOR da quel lontano 2010, ma anche come è cambiato il mondo trail dal 2010 a oggi?

 

Difficile rispondere a questa domanda. Il Tor des Géants è cambiato in questi anni, perché il trail è cambiato e il trail è cambiato forse anche grazie TOR. È stato un processo di crescita importante che ha riguardato in generale il mondo del trail e questa nostra gara che è cresciuta come numeri, come internazionalità, come volontari, come impegno, come adempimenti, come piano di sicurezza, come risorse, come tutto. Dalla singola gara del 2010, oggi il TORX ne conta quattro tra cui una, il TOR450 - Tor des Glaciers, che alza di un altro gradino il limite.

Quando proponemmo il TOR nel 2010 la distanza di 330 chilometri no-stop sembrava una follia, un'enormità, un'impresa ai limiti delle possibilità.

Oggi non dico che è la normalità, ma è stato presto dimostrato essere alla portata di molti. E così è diventato molto più richiesto e ambito partecipare al TOR. Quasi un vero e proprio "must". Ogni trailer - o quasi - vorrebbe poter vantare di aver fatto, almeno una volta il TOR.

Il rovescio della medaglia è che rispetto ai primi pionieri, che si avvicinavano a questa prova estrema con rispetto e molta preparazione, fisica, tecnica e mentale, oggi osserviamo che molti l'affrontano un po' sottogamba. Nonostante tutto però la percentuale di finisher si attesta sempre intorno al 50, 55%. Percentuale relativamente alta se consideriamo le difficoltà oggettive della prova.

 

TORX 2022 Base Vita Ollomont ph Anja Bakowska Zzam Agency062392

© Ph. Anja Bakowska - Zzam Agency

 

Avete accennato al grande appeal del TOR.

Che dire, il TOR è il TOR, l'endurance trail più duro e affascinante al mondo, ma anche la più bella festa del trail, grazie alla straordinaria e calorosa partecipazione dei volontari e della popolazione della Valle. Però dal punto di vista mediatico quest'anno, complice la debacle di Franco Collé, forse qualcosa è mancato.

Certo che Russi ha fatto una gran bella gara, per non parlare della britannica Sabrina Verjee togliendo ben 5 ore al precedente record della Trigueros.

Eppure credo che al pubblico di appassionatissimi, quelli che la settimana del TOR la passano appiccicati allo schermo del tabellone live race, piacerebbe un sacco vedere sui sentieri della Valle un testa a testa come Kilian contro D'Haene all'Utmb 2017.

Non pensate che il TOR crescerebbe ulteriormente offrendo uno spettacolo agonistico di altissimo livello? Avete mai provato ad invitare qualche grande interprete del trail?

 

Non sono d'accordo con questa osservazione.

Al TOR abbiamo già i Top, i migliori atleti al mondo. E non mi riferisco solo al fatto che Jonas Russi, vincitore quest'anno e secondo nel 2021, ha fatto un importante ottavo posto all'UTMB. O al fatto che nelle scorse edizioni abbiamo avuto per protagonisti atleti del calibro di Javier Dominguez Ledo e Iker Carrera.

Non è vero che al TOR non ci sono gli atleti più forti al mondo, ci sono eccome i Top mondiali, ma di un'altra categoria, perché il TOR non è un ultratrail come gli altri. E poi non è assolutamente detto che atleti che primeggiano negli ultratrail farebbero bene al TOR. Sarebbe come paragonare una maratona e una gara di 24 ore.

Il TOR non è per tutti. Gli stessi Dominguez e Karrera che hanno vinto il TOR, non sono più tornati, perché a detta loro è stata una prova durissima. Due mesi dopo la gara Domniguez non si era ancora ripreso... Il TOR ti spreme, chiede tutto, richiede una preparazione finalizzata e un recupero adeguato. Tempi molto diversi rispetto a un normale ultratrail.

Kilian è stato più volte in Valle e vedere il percorso. ha provato diversi pezzi e chissà, secondo noi, prima o poi ci proverà. Certo non finché ha in programma stagioni piene di gare come quella 2022.

 

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© Ph. Roberto Roux 

 

Insomma, non credete che quest'anno sia un po' venuto meno l'interesse del pubblico?

 

Lo scorso anno ha avuto grandissimo risalto la gara di Collé. Il testa a testa con Russi culminato poi nella cavalcata in solitaria e vittoria con record.

Collé è un atleta molto noto e molto seguito. È normale che in Italia ci sia più interesse per un atleta di casa, specie se è uno che impersona il TOR come Franco.

Va anche detto che lo scorso anno subito dopo la chiusura della manifestazione appena dopo il culmine di audience è calato il silenzio.

Quest'anno invece no. Si parla ancora di TOR. Ne è dimostrazione questa intervista, ma ce lo mostrano anche i canali social, che sono in continua crescita.

La visibilità a cui tendiamo noi è internazionale, che non manca. A noi interessa che si parli di TOR nel mondo. Guardare solo all’Italia è riduttivo

 

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© Ph. Roberto Roux

 

Come ogni anno, fin da quel lontano 2010, il TOR è associato a grandi discussioni e polemiche.

Ricordiamo le squalifiche, i tagli di percorso, accompagnamento sì accompagnamento no, il braccio di ferro con la Regione, le accuse dei detrattori e degli infangatori mediatici.

 

Il TOR o lo odi o lo ami, i più lo amano, e se non piace a tutti, e se a molti stiamo un po' antipatici per i nostri modi ritenuti non accomodanti, beh, ce ne siamo fatti una ragione.

Passami la battuta, ma è un po' come diceva Andreotti che nel bene o nel male alla fine se ne parli. perché vuol dire che interessa, che appassiona, che è al centro dell'attenzione. il TOR è molto sentito, prende alla pancia e così spesso le reazioni sono molto enfatiche. Ogni anno circolano voci e leggende, assolutamente infondate, che vanno ad alimentare polemiche sui social, che come nascono si sgonfiano da sole coi fatti che le confutano.

 

 

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© Ph. Anja Bakowska - Zzam Agency

 

Nelle ultime edizioni l'organizzazione è stata presa di mira soprattutto per il caro iscrizioni. Indubbiamente il TOR è diventata una gara costosa, non alla portata economica di tutti. Come spiegate a cosa sono dovuti, questi rincari?

 

Organizzare il TOR costa veramente tanto. Medici, guide, elicotteri, materiali

I costi sono cresciuti in questi anni, per un insieme di fattori. Perché crescendo la manifestazione aumentano i servizi che offri e la qualità degli stessi. Sono aumentati, come dicevamo anche prima, gli adempimenti e i costi relativi, sono aumentate i costi dei professionisti coinvolti (ad esempio le tariffe dei medici), sono aumentati i costi di materie prime e trasporti... e parallelamente sono cambiati alcuni aiuti economici da parte delle aziende che ci supportavano e ci supportano ma proporzionalmente con altri budget rispetto a qualche anno fa. Per non parlare di quei costi extra che ogni tanto capitano, come quest'anno i pullman noleggiati per riportare a Courmayeur i partecipanti del TOR30 annullato e del TOR330 interrotto per maltempo. Ci sentiamo di dire che per chi si iscrive il TOR costa tanto ma non è caro. A conferma di ciò è sufficiente guardare al di là dei confini nazionali e fare un paragone con gare simili.

 

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 © Ph. Riccardo Cabella - Zzam Agency

 

È vero che sono calate le richieste e quindi l'eccedenza di domanda rispetto ai pettorali disponibili (1.100)?
Se sì a cosa è dovuto questo fatto? Al costo, alla perdita di appeal, o ad altri?

 

No, non c'è stato un calo di iscrizioni, continuiamo ad avere più domande che pettorali. Conta che molti dei pre iscritti degli scorsi anni si sono tradotti in iscrizioni dirette per chi ha maturato una priorità. I famosi PAX che si ottengono concludendo il GTC100 o TOR130 dell’anno precedente e alcuni corridori che erano iscritti nel 2020. Se proprio vogliamo vedere una piccola flessione c'è stata per colpa delle restrizioni che ancora quest'anno hanno limitato o reso incerto fino all'ultimo la partecipazione in particolare da alcuni paesi stranieri. Per esempio i Cinesi o i Giapponesi, storicamente molto presenti al TOR, quest'anno letteralmente decimati.

 

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 © Ph. Stefano Coletta - Zzam Agency

 

Il maltempo ha più volte condizionato le sorti del TOR. Se non ricordo male ci fu un'edizione con maltempo straordinario, una frana dopo il rifugio Barmasse, alcuni concorrenti bloccati lungo il percorso, altri fermati nei rifugi... la gara fu sospesa e ripresa più volte. Era il 2012?

Altra edizione sfortunata per il meteo quella del 2015, con la gara fermata dopo l'arrivo dei primissimi.

Ultima ma non ultima questa edizione 2022 con la neve al Malatrà gli atleti fermati a Bosses.

Com'è ovvio, prima di tutto viene l'incolumità degli atleti, e su questo non mi pare siano state sollevate delle obiezioni. Il problema sembra, almeno a livello mediatico, quello di chi è stato o non è stato considerato Finisher. Tra le accuse spiccano quelle del concorrente Marco Patacchini, medico ortopedico che ha collaborato diverse edizioni con il TOR, e di Roberta Peron, atleta veterana del TOR e di altre famose endurance trail. Roberta è stata fin'ora molto vicina a voi organizzatori, avendo partecipato a molte edizioni ma soprattutto all'"edizione 0". Ma in questa occasione, fermata e dichiarata non finisher, ha sparato a zero sulla vostra condotta.

Come commentate queste accuse?

Ma soprattutto, pensate che possano essere in qualche maniera evitate queste situazioni spiacevoli, per esempio inserendo delle norme chiare in regolamento che prevedano e mettano in guardia gli atleti rispetto a queste eventualità? Oppure gestendo queste situazioni impreviste comunicando le nuove regole d'emergenza senza cambi di rotta?

 

Purtroppo il Regolamento è sconosciuto ai più. Non lo legge quasi nessuno e te ne rendi conto proprio in circostanze come questa.

Per diventare Finisher devi superare il traguardo, che se le cose vanno come dovrebbero andare è a Courmayeur, ma se le cose non vanno bene e per qualche motivo eccezionale, la gara non può continuare o transitare per certi colli, come nel 2015 o quest'anno con trenta centimetri di neve al Malatrà, allora si crea un traguardo intermedio. Chi arriva lì entro un certo orario è finisher, chi non arriva o arriva fuori tempo massimo non lo è. Ricordiamo che il tempo massimo c'è anche per il traguardo di Courmayeur, così come i cancelli orari lungo il percorso.

Capisco la rabbia e la delusione degli atleti fermati, e di quelli che non raggiungo l'obiettivo. Come dicevamo prima il TOR scatena emozioni e reazioni forti specie in chi è in cammino da cinque giorni. Però stiamo parlando di una competizione sportiva che al di là di tutti gli aspetti romantici che conosciamo ha delle regole. Dispiace che non venga capito.

Fermare la gara non è una scelta di comodo, è una scelta molto difficile che poi tra l'altro costa molto in termini organizzativi, logistici, economici e anche di arrabbiature. Ma sono scelte obbligate fatte per garantire la sicurezza degli atleti. Scelte fatte al posto loro, ma è anche questo il compito degli organizzatori.

 

TORX 2022 Frassati ph Stefano Coletta Zzam Agency071924

© Ph. Stefano Coletta - Zzam Agency