SILA 3 VETTE: INNAMORARSI IL GIORNO DOPO

Testo di Dario Pedrotti

Ci sono donne (e uomini) di cui ti innamori al primo sguardo. Naturalmente non è detto che poi, ammesso che sia ricambiato, vivrai per sempre felice e contento, ma per un bel po’ non riuscirai più a toglierteli dalla testa. E poi ci sono donne (e uomini) che frequenti per giorni, mesi, a volta addirittura anni, prima di accorgerti che non puoi farne a meno (naturalmente, anche in questo caso, che poi funzioni sul serio, è tutto da vedere).

 

A me non sono bastati 100 km di frequentazione con la Sila 3 Vette per capire che poteva essere quella giusta per me, però neanche 24 ore dopo l’arrivo, mentre bramerei di potermi sgranchire le gambe sul Freccia Rossa che mi riporta al nord, già ripenso a lei con i chiari sintomi dell’irreparabile.

La Sila 3 Vette non ha le Tofane o il Monte Bianco da metterti davanti al naso per stenderti. La Sila 3 Vette ha una cosa sola, la Sila, che è qualcosa di simile al Carso, dove non c’è moltissimo da vedere, ma se tu riesci ad entrarci davvero, poi sono loro ad entrare dentro di te, e non te ne liberi più. E se ti capita di correrci per una ventina di ore, per lo più di notte, incontrando in tutto il percorso una sola persona che non c’entri con la gara, è probabile che succeda.

La Sila è un enorme altipiano coperto di foreste di aghifoglie e latifoglie, e di pascoli. Ci sarebbero anche un po’ di paesi, ma Giuseppe e Mara, nel disegnare il percorso hanno fatto di tutto per tenersene alla larga e già la partenza, che coincide con l’arrivo, ne è una rappresentazione molto efficace: l’arco, dove fra sponsor e partner campeggia anche la scritta “sfida te stesso”, è posto ben oltre il confine fra Camigliatello Silano e la foresta.

Si parte in salita e dopo essere usciti dalla piccola folla rinfoltita anche dai e dalle partenti della 40 e della 21 km, si prosegue per lo più su forestali e strade asfaltate fino al primo check point del Rifugio Monte Scuro, dove caffè e cornetti di pasticceria sono un ottimo modo per iniziare la vera notte. Poi si arriva sulla Strada delle Vette, un percorso che viene in gran parte battuto tutto l’inverno per ciaspolatori e scialpinisti: la parte battuta spinge a tenere un buon ritmo sia in salita sia in discesa, quella non battuta molto meno, anche se raramente si sprofonda più di qualche centimetro. Al terzo check point al rifugio Monte Botte Donato, oltre rimpinzarsi di pizze e torte si può ammirare una fotografia appesa alla parete, scattata da lì fuori, che immortala l’inconfondibile profilo dell'Etna con il suo pennacchio bianco. Peccato che nel cuore della notte nessuno avrà la possibilità di ammirarla dal vivo. Lasciata la Strada delle Vette si scende sul lago Arvo, dove ci si può consolare dalla grande umidità con la zuppa del quarto check point, che va sfruttato a dovere, visto che a quello successivo mancano oltre 25 km. Ad aiutare a superarli è arrivata quest’anno una falce di luna che ha illuminato quasi a giorno i prati innevati sulla cima del Monte Nero, regalando uno spettacolo veramente suggestivo. Nei dintorni del check point di Cagno il giorno è arrivato davvero, ed è stato il momento di poter finalmente vedere sul serio la foresta, ed immaginarla ancora più bella vestita di verde in estate. Poi alle foreste hanno iniziato ad alternarsi anche campi e pascoli, sempre accompagnati da un susseguirsi di brevi salite e brevi discese, fino all’unico tratto davvero piatto del percorso dopo il check point della Locomotiva. Da lì si è trattato di resistere un’altra ventina di chilometri e un’altra manciata di centinaia di metri di dislivello, in una foresta in cui pareva ormai di essere di casa e i raggi del sole entravano di traverso creando una bellissima luce, prima di godersi ancora una volta quel gusto impagabile di “averla portata a casa”.

Giuseppe e Mara, che appartengono all’A.S.D. Tmc360 Sport, tecnicamente della Sila 3 Vette sarebbero gli ideatori e gli organizzatori, ma, per la passione che ci mettono, non possono che esserne definiti i genitori, e come tali sono riusciti a “condire” la manifestazione con particolari che la rendono molto suggestiva e, oggettivamente, unica. Fra i moltissimi, i primi che ci vengono in mente in ordine sparso sono i 2 km di tracciato sulle traversine della storica linea ferroviaria che arriva a Camigliatello, i fuochi d’artificio in partenza (che mai saranno sostituiti da led-show come i compianti falò di La Balme all’UTMB), i “cullurialli” (una sorta di ciambelle tradizionali calabresi) fritti in diretta all’arrivo, e la totale mancanza di cronometristi, con la conseguente redazione della classifica finale affidata ai numeri, scritti su un foglio di carta, al momento dell’arrivo.

Ma non lasciatevi ingannare dai molti aspetti “folkoristici” dell’evento, perché la Sila 3 Vette è una gara da non prendere assolutamente sotto gamba: 100 km con 3.000 metri di dislivello sono una distanza di tutto rispetto anche negli anni, come in questo, in cui la neve copriva meno di metà del percorso ed era compatta e quindi meno faticosa da gestire; stare una notte di fine febbraio fra i 1200 e i 1900 metri di altitudine, anche a questa latitudine, vuol dire avere a che fare con temperature non lontane dai dieci gradi sotto zero (e non è che di giorno facesse molto più caldo); la gara non è balisata e come tutti i nostri lettori e tutte le nostre lettrici probabilmente sanno, affidarsi per molte ore di seguito solo alla propria capacità di lettura di un navigatore GPS non è affatto banale; le notti, a fine febbraio, sono ancora molto molto lunghe, e come tutti i nostri lettori e le nostre lettrici sicuramente sanno, correre al buio è sempre molto più duro.

Se a chiunque abbia partecipato nelle scorse nove edizioni, chiederete se valga la pena di andare fino al centro della punta dello Stivale per vivere questo evento, vi risponderà sicuramente di sì. Se a voi farlo per correre solo 20, 40 o 100 km sembra uno spreco, potete stare tranquilli e tranquille: c’è anche la 260 km. E tutte le distanze possono essere corse anche con la fat bike o con gli sci.