Volano gli anni anche per il trail.
Sembra ieri quella calda notte di mezza estate in cui andavamo a provare in anteprima il percorso, con gli amici “ultraberici” e una selezione di atleti top in Italia.
Sembra ieri la prima edizione ufficiale, campionato italiano di specialità, con un Palladino che corre con lo zainetto della scuola, forse preso in prestito al figlio, e che arriva primo al traguardo.
Sembra ieri l’edizione del campionato Europeo di Skyrunning, con Kilian ed Hernando, ma anche con Emelie e Nuria e tanti altri campionissimi.
Sembra ieri l’edizione dei fulmini, quella che ha fatto vedere più di tutte le altre di quale pasta è fatta l’organizzazione. Pochi fronzoli, tanta sostanza: percorso di riserva, piano di evacuazione, recupero atleti, il tutto in tempo reale.
Sembra ieri l’edizione dell’abbraccio tra le sorelle Boifava al traguardo. Federica infortunata aspetta la sorella vincitrice a Valdagno: “la vittoria doveva rimanere in famiglia”.
Ed eccoci infine senza esserci accorti del tempo che passava all’edizione numero 5.
Cinque come i personaggi che vogliamo qui raccontare in questo breve articolo. Un po’ per la loro simpatia, un po’ perché la rappresentano bene questa corsa che è la quintessenza di uno sport e del territorio in cui si svolge. Sì perché l’alto vicentino, come abbiamo già avuto occasione di scrivere sulle pagine della nostra Rivista (luglio 2016), è un vero concentrato di trail, inteso come percorsi, come gare e anche come praticanti. Una “regione” calda da tenere seriamente in considerazione se si è alla ricerca di qualche nuova avventura su sentieri poco noti o poco frequentati…
Fulmine della Notte
Questo è il suo nick-name, che in realtà gli si addice alla perfezione. Perché come si dice in gergo giovanile è davvero “fulminato”. Vulcanico animatore del gruppo “Sommano Cobras” (per chi non sa di cosa stiamo parlando occorrere porre riparo a questa grave lacuna, leggasi: Maistrack, Schio City Jungle, Pakstall k95…) è onnipresente quando si tratta di correre, sudare e fare casino al tempo stesso. E non da ultimo è anche uno di quelli che c’era già alla prima edizione, ma anche uno dei pochi che è tornato sia alla seconda che alla terza, insomma è stato uno dei pochissimi senatori della quarta edizione e… udite, udite, è l’unico che le ha fatte tutte e cinque!
Cinque come le dita che svettano verso il cielo protese dal braccio metallico del Cristo in croce in cima al Sommano, già teatro di un straordinario e singolare Trail Autogestito firmato Cobras (Sommano gimme 5) nonché prima afosa salita nella lunga notte della Trans d’Havet.
La Fra
Innamorata di queste vette, lei è genovese, lo scorso anno ci ha lasciato un pezzetto di cuore al suo primo assaggio di queste crode. Sì, sembra che il cuore ce l’abbia lasciato davvero nell’alto vicentino visto che non si contano le volte che vi è tornata in questi ultimi mesi, ma questa storia rientra nella sfera privata e pertanto è off-limits.
La storia che ci interessa e ci riguarda è quella della Trans d’Havet, della sua TdH quella che quest’anno è giunta in fondo con il sapore di una conquista. Quella di chi è rientrata faticosamente dopo un infortunio e ora si gode meritatamente un traguardo importante.
Francesca è la bella del nostro Team, ma è anche una delle migliori penne che abbiamo per cui siamo tutti in attesa che faccia scorrere un po’ di inchiostro sulla carta per raccontare le mille emozioni che ha vissuto nel portare a termine questo viaggio.
Cesko
Altrimenti noto anche come Rigo, non abbisogna di grandi presentazioni. Anche lui atleta del team Spirito Trail, anche lui legato fortemente a questi sentieri, nel suo caso perché sono i suoi sentieri “natali”. Eppure c’è un problemino, il fatto che questa TdH per lui è una vera bestia nera. La vuole, con tutte le forze, ma non ce l’ha mai fatta a portarla a casa. Scrive sul suo blog qualche giorno fa:
Mi sono iscritto 5 volte.
La prima volta ho fatto la corta. 40 km. La mia prima corsa lunga in montagna dopo sei mesi in Danimarca.
La seconda volta mi sono ammalato male pochi giorni prima del via.
La terza volta la gara è stata sospesa causa nubifragio.
La quarta volta mi sono ritirato perché spaventato dai fulmini vicini nel cuore della notte per poi ripartire per la 40km dopo qualche ora.
La quinta volta non ci posso provare. Un matrimonio a cui non si può mancare.
Ho capito. Devo provarci da solo. Una settimana prima. La Transdhavet quest’anno sarà mia!
Come è andata a finire? Direi che a questo punto potreste andare a leggere il suo Racconto Delirante n.17, numero che evidentemente porta bene (www.dimensionerigodanza.net).
Lek
Per chi è del posto è impossibile non conoscerlo, perché c’è sempre, con la sua visiera “american style” e quel cognome "strano", Andrea è una faccia nota nel mondo del trail dell’alto vicentino, quasi un’icona. Solcatore instancabile dei sentieri della catena di casa non poteva non esserci anche ‘sta volta. Non poteva non esserci nonostante tutto, nonostante quella brutta avventura che ha passato nelle ultime settimane, procuratagli da un minuscolo aracnide che gli ha ammorbato il sangue. Ma lui l’ha dimostrato: non lo ferma nessuno, nemmeno una zecca infetta! Vai Lek!
Pollo
Prendiamo lui perché è il direttore della gara, nonché il suo ideatore, ma anche perché è anche un po’ il leader spirituale di questo gruppo, l’ultrabericus team, di cui fanno parte altri nomi eccellenti del mondo de “il trail dietro le quinte”. Nomi di persone che hanno dimostrato in questi anni di saper fare e di continuare a mettere il cuore in un progetto che è nato, come spesso accade, un po’ per scommessa. Il progetto di un trail che è stato subito “grande” anche se dalla sua non può vantare nomi altisonanti o blasonati di montagne famose o di località di fama internazionale. Ma è un trail duro, faticoso e rognoso, e che regala enormi emozioni, e che se lo percorri dall’inizio alla fine ti porti a casa un “film” con una trama vera, scritta a tavolino, la storia di un viaggio dalla pianura alla pianura attraverso il filo di cresta delle montagne che l’abbracciano, lungo quelle linea frastagliata all’orizzonte che fa da sfondo a noi abitanti della pianura e l’ammiriamo nella giornate di cielo sereno. Il tutto attraverso quel famoso foro nella roccia che dà il nome alla gara.