Marathon des Sables Perù: sole, sabbia e magia - parte II

La Marathon des Sables Perù è una corsa di 250 km a tappe, in piena autosufficienza, nel deserto. Detta così sembra più che altro una prova estrema, ma Francesco Rigodanza che è andato a provarla ci racconta di un'avventura che nasconde un sacco di esperienze, persone ed emozioni. Di quelle che non si dimenticano facilmente.

- parte II -

 

 (continua da parte I)

 

DAY 4 - OCUCAJE / BARLOVENTO – 68 km

“Se ti senti bene durante un’Ultra non ti preoccupare, passerà”

Coach Grazielli ai suoi discepoli


Non siamo così scemi. Non facciamo fatica per nulla. Quando si fanno queste esperienze ci si spoglia di tutto. L’apparenza non esiste più. Nessun filtro, nessuno specchio. Sei improvvisamente nudo. Nessuna bolletta da pagare, nessuna trafila di appuntamenti da rispettare, nessun ritardo, nessuna deadline che si avvicina. Nessun “cosa si fa a capodanno?”. Le cose veramente importanti sono poche, semplici ed essenziali: dormire, bere, correre e mangiare. Sei improvvisamente libero. Può sembrare facile, invece la quantità di persone disidratate, assonate e doloranti evidenziano una certa difficoltà nell’eseguire correttamente questi compiti basilari. Io per esempio ho completamente cannato il mangiare.

Oggi è il giorno del tanto temuto tappone, l’ostacolo principale verso la medaglia da Finisher. Sono tanti chilometri ma una volta superato il primo pomeriggio correrò al fresco del tramonto o illuminato dal chiaro di luna piena. E arriveremo sull’oceano Pacifico accampandoci su una lunga spiaggia immacolata insieme ai leoni marini. Le premesse sono incoraggianti. È tradizione che in questa giornata ci siano due diverse partenze. Alle 9.30 partono i primi 50 della classifica generale, alle 7.30 tutti gli altri. È la prima volta che guardo la classifica, anzi è la prima volta che mi ricordo che esiste una classifica. Nonostante le ultime tappe siano state corse lentamente e abbia preso quotidianamente almeno 2 ore di ritardo dal primo, mi ritrovo 37° e quindi partirò tardi. Ne sono felicissimo. Significa che ho più tempo per svegliarmi e che la sera calerà presto.

21 CIMBALY ©AlexisBerg MDSPEROU17 HD 0128

©AlexisBerg_MDS Perù

Mi schiero in mezzo a quelli forti. Sono colpito dagli zaini, più piccoli e compatti della media, sembrano studiati fino all’ultimo grammo. E poi hanno tutti lo sguardo deciso, nessuno sembra veramente stanco, infatti nessuno partirà piano. Molti di loro non sono semplici finisher, ma puntano a qualcosa di più, vuoi per doveri di sponsor, premio in denaro o semplice orgoglio personale.

Ne approfitto anche io di questa atmosfera competitiva. Mi tengo nelle ultime posizioni ma sono più rapido degli altri giorni. E mi sento anche meglio. È proprio vero che mangiare serve! I primi 20 km sono un mix di quello che abbiamo già visto nei giorni precedenti: dune di tutte le forme e dimensioni. In poco tempo comincio a incontrare gli atleti partiti in anticipo. Le facce sono le stesse da 4 giorni ed è bello dare e ricevere incitamenti. Dopotutto il nome sul pettorale non serve proprio a questo? Sorpasso Edward, sta bene e ne approfittiamo per una foto insieme (controsole, non si vedrà niente), incontro l’happy team, uno squadrone di giapponesi vestiti uno più strano dell’altro tra cui spicca un ragazzo con il costume da mucca in traspirantissimo pile. Non c’è niente da fare, per quanto tu ti possa impegnare in qualcosa, ci sarà sempre un asiatico più bravo di te, anche se si tratta di vestirsi da pirla!
Pur procedendo più veloce di qualsiasi ottimistica tabella di marcia, al 20°km sono sorpreso da un nuovo tipo di terreno. Onde di sabbia scura che scendono ripide da piccole collinette rocciose. Si deve correre tutti storti inchinandosi verso monte, ma la sabbia è fine e si sprofonda. Sembra una lunghissima corsa a ostacoli. Mi ricapita davanti Rosio, che ora è terza tra le donne, e ancora galleggia a mezz’aria. Che rabbia. Mi rassegno a camminare a buon passo, come tutti gli altri del resto. Anche così i quadricipiti sono in fiamme, siano benedetti i bastoncini rubati dalle tende.

Si avvicinano le 5 ore di gara. Sto aspettando che si alzi, come ogni giorno, il vento del pomeriggio e porti tanta aria fresca. Inizio a essere un po’ stanchino e sento ginocchia e caviglie lamentarsi di tutti questi chilometri non pianificati ad un ritmo inusuale. Al 41°km sono accontentato, arrivando al checkpoint vengo investito da forti folate che mettono in difficoltà i mezzi dell’organizzazione. Aria fredda e vento in faccia. In queste condizioni mi sento a casa.
Come se qualcuno avesse improvvisamente premuto un pulsante accedendo strani meccanismi all’interno del mio corpo, la mia MdS cambia radicalmente. Dopo 150 km di deserto sto finalmente bene. Comincio a correre, è una corsa diversa, più naturale, più fluida, la riconosco, è proprio la mia corsa e non la mollerò più. Mi ritrovo a superare altri atleti a doppia velocità, ogni sorpasso è una piccola botta di adrenalina che mi dà nuova energia. Finché non arriviamo sull’oceano e improvvisamente mi dimentico di tutto.
Sono in cima ad una duna enorme. Sarà alta 350 metri e sotto di me, oltre ai fotografi in attesa di qualche cavolata, c’è solo acqua, un’infinità di acqua. È l’oceano Pacifico. Accontento i fotografi, faccio partire il cronometro come fosse una gara di sci e mi lancio a rotta di collo per questa discesa in neve fresca, pardon sabbia fine. Tre minuti secchi per fare un chilometro di discesa. Se già i livelli di adrenalina erano fuori norma ora sono fatto come un cavallo. Le gambe sembrano nuove di zecca, appena tirate fuori dalla confezione eppure sono in giro da più di sette ore. Non ha senso.

22 ©iancorless.com MDSPeru2017 09766

©iancorless.com_MDS Perù

Non è finita. Mancano ancora 20 km ma è tutto troppo bello per svanire di colpo. E poi corro in un luogo in cui è vietato sentire la fatica. Sono su una spiaggia lunghissima, con i gabbiani che mi volano intorno, il cielo che lentamente si tinge di rosso con il sopraggiungere del tramonto mentre dalla parte opposta la luna piena fa già capolino. Non è possibile. Sono morto e sono in paradiso. E l’unica spiegazione per cui non sento più niente. Mentre stamattina pensavo ad una notte a zonzo per il percorso arrivo al traguardo di giornata con gli ultimi raggi del sole. Nove ore secche secche. Incredibile.

Sono arrivato alla mia tenda e mi sono buttato per terra ancora incredulo. Ho corso per 9 ore!!! Già è una cosa difficile quando sono allenato, figuriamoci ora dopo tanto riposo. Sono ancora incredulo. Mi tremano le gambe. Non riesco a stare fermo. E con tutta questa adrenalina non c’è modo che io dorma. Ho bisogno di mangiare. Mi butto disteso in un bivacco quasi deserto. È una serata bellissima, la passo con il sorriso da ebete di chi è tanto felice. Se bevo ora una Coca-Cola esplodo.

23 ©iancorless.com MDSPeru2017 02563

©iancorless.com_MDS Perù

  

DAY 5 - REST DAY

“Odio la gente, amo le persone”

Charles Nicholas Good dopo la terza tappa


È stata una notte rumorosa. Si sono alternate voci di arrivi e luci di frontali. Ma avrei dormito poco lo stesso. Al mio risveglio, il bivacco è di nuovo pieno di tendine arancioni. Brien è arrivato (per aver 59 anni va decisamente forte!), Edward è ancora per strada. Gli monto la tenda (che mi viene sempre meglio della mia) ed esploro la zona. Siamo su una bellissima spiaggia riparata dal vento da due piccole montagne. Ci starebbe un bel bagno rigenerante con i leoni marini ma a primo contatto sembra ghiacciata. Solo qualche passeggiata scalzi sul bagnasciuga, ed è già una sensazione piacevolissima.
Oggi è finalmente giornata di riposo. Mi hanno detto che è un momento pericoloso perché senza niente da fare verrebbe da mangiare di tutto. Non ho questo problema. Ho passato tutto il tempo a chiacchierare! Tante persone vengono da posti che non conosco e hanno belle storie da raccontare. Il pericolo per me è stare ad ascoltarle tutto il giorno dimenticandomi di tutto il resto.

24 CIMBALY ®AlexisBerg MDSPEROU17 HD 6047

©AlexisBerg_MDS Perù

Ci sono i compagni italiani, lo squadrone dei Muscoli del Lario. Sono di Como e hanno cercato di convincermi in tutti i modi che il Bollettone è il monte più bello del mondo. Nicola, Enrico, Fernando, Corrado, Gianluigi e Sabina oltre a divertirsi, sfamarmi con gli avanzi di purè e fare casino (come ogni bravo italiano sa fare) approfittano della piccola notorietà derivata da questa esperienza per far conoscere l’associazione “Il sorriso di Geeky” che da anni si impegna in varie attività a sostegno dei bambini, dalla clownterapia alle ore di sostegno. 

Ci sono Albert e Joaquin, catalani. Non sono corridori, ma avventurieri. Albert è un buon alpinista (ha fatto tutte le seven summits) ma, in particolare, il deserto lo conosce bene per averci corso parecchie volte la Parigi-Dakar, in moto. Dice che tutte queste esperienze gli servono poi nel suo “vero” lavoro di business man. Devo convincere il mio capo che quando sono a zonzo per il mondo in realtà “sto lavorando”. Intanto vediamo se questi allegri catalani li ho convinti a fare l’E5.
C’è Eva, anche lei catalana, è quella che viene bene in ogni foto, in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione. Non è giusto.
C’è Ignacio. Un pericolosissimo ingegnere italo-argentino (nel senso che sa l’italiano e questo mi basta). Ha poco più della mia età e tanti pensieri simili di cui discutere appena troviamo qualcosa di alcolico.
C’è Pedro. Il mio insegnante di geografia equadoregna che oltre a convincermi che nel suo paese non c’è solo foresta mi racconta di un nuovo format di gara chiamato Adventure Race che sono stracazzute competizioni multidiscplinari comprendenti orienteering, corsa, mountain bike, canoa, arrampicata, sci e di tutto e di più. Assolutamente da provare. Casualmente ce n’è una a Firenze il 31 maggio…
C’è Edward che è appena arrivato e dopo un affettuoso “ti odio perché vai troppo forte” si è addormentato nella tenda sbagliata.

E poi c’è la Coca Cola. L’ho sognata per qualche giorno e la sorpresa di oggi è una bottiglietta fresca fresca. Tutti in fila felici e ordinati. I più salutisti chiudono un occhio, i più affamati sono ben lieti di questo regalo da 200kcal. Io che sono abituato a fare colazione con panino alla Nutella e Coca-Cola ogni mattina colgo l’opportunità di unire alla bibita un po’ di cicciosa crema di nocciola e mi sento subito a casa. I piccoli peccati di gola…
Il giorno di riposo finisce presto ma riparati dal vento riusciamo a fare la prima vera lunghissima cena in tenda, io, Brien ed Edward. Sa già di festa perché il peggio è alle spalle, ma sa anche di addio perché l’avventura sta già volgendo al termine. Ci siamo già fatti le promesse di rivederci in futuro, un giorno. Edward verrà a fare il Cammino di Santiago, io farò una gara negli States con loro due come crew. Forse sono solo illusioni per non dirci addio. Ma chissà, alla fine basta solo un po’ di speranza.

 

DAY 6 - BARLOVENTO/MENDIETA – 42.2 km

“Sei simpatico come la sabbia nelle mutande”

Detto locale per descrivere totale indifferenza

 

25 CIMBALY ©AlexisBerg MDSPEROU17 HD 7712

©AlexisBerg_MDS Perù

Ci deve essere un incantesimo sulla Marathon des Sables. Tante cose non me le spiego altrimenti. Uso gli stessi vestiti da ormai 6 giorni e non sento puzza. E poi dovrebbero essere pieni di sale e sabbia e causare un sacco di sfregamenti e infiammazioni. L’igiene personale è al minimo e sto mangiando solo cibo spazzatura ipercalorico (beh forse questa è l’unica cosa che non cambia così tanto dal solito). Poco più di 30 ore fa ho terminato una corsa di 70 km nel deserto. Cavolo abbiamo fatto 180 km in 4 giorni! Dovrei avere due mattoni al posto delle gambe, dovrei essere distrutto, devastato e pensare alla maratona odierna come una punizione divina.
Niente di tutto ciò. Sto bene, sto veramente bene, come non mi sono mai sentito negli ultimi mesi. Sono sparite le vesciche ai piedi dei primi due giorni, non ho nessun fastidio articolare. Lo stomaco sta d’incanto e le gambe sembrano appena tornate da una settimana alla beauty farm. Se non fosse per amici e parenti starei qui per sempre. Non è razionalmente possibile. È una magia. Una magia collettiva. Non vale solo per me. Ormai alzarsi alle cinque del mattino per fare 30-40 km nelle ore più calde in mezzo al deserto è diventato completamente “normale”. Le facce non sono più quelle scavate e affaticate dei primi due giorni. Forse è perché manca poco? Un po’ si respira già aria di festa. C’è chi pensa già alla prima vera doccia, chi alla birra e chi ad una doccia con la birra. Anche se sono carico a mille un minimo di pensiero al buffet finale lo sto facendo anche io.

26 CIMBALY ©AlexisBerg MDSPEROU17 HD 6305

©AlexisBerg_MDS Perù

Ma prima facciamo questi 42 km ricchi di saliscendi lungo la costa. Appena partiamo scopro con piacere che la corsa ritrovata durante il tappone non mi ha ancora abbandonato e quindi la tappa di oggi si pregusta veloce. È un buon modo per vedere facce diverse dal solito e scoprire la falcata di chi va veramente forte. Nei primi chilometri supero Gustavo, il più veloce tra gli argentini e Melanie, la seconda donna in classifica, che pur essendo francese parla un po’ di italiano e quindi è mio compito incitarla ogni volta che la vedo nel modo più buzzurro e rumoroso possibile. Il terreno oggi è duro e semplice da correre, permette di gustarsi appieno i panorami incredibili che il tracciato ci regala. A sinistra abbiamo sempre l’oceano, a destra dune e null’altro. Il nostro percorso è un continuo saliscendi sulle scogliere, alternato a lunghi tratti di spiaggia intonsa in cui rifiatare e accelerare il ritmo. L’unico segno di presenza umana sono le nostre impronte sul terreno. Verso il 20°km raggiungo Nathalie Mauclair. Nathalie è la prima donna. Ha un gran vantaggio sulla seconda, ma questo non la ferma dallo spingere al massimo, senza risparmiarsi fatica e fiatone. Provo un incredibile rispetto, so che a quell’intensità non durerei più di 100 metri mentre lei corre così da ormai 200 km senza apparente rischio di perdere il primato. I successivi chilometri sono un continuo sorpasso, lei mi passa appena la strada spiana, io recupero al primo accenno di salita. Inizialmente la incito con “Alé, alé, Nathalie” a cui lei risponde nello stesso modo. Ma passo io, passi te, finisce che ridiamo e basta. Da carogna mi permetto un allungo appena vedo il traguardo. Peccato che continui a dimenticarmi che la prospettiva qui sia un po’ ingannevole e quindi mi tocca fare 5 km in lunga progressione. Ma sì, anche l’acido lattico era un po’ che mi mancava!

Oggi ho dato anche io uno sguardo alla classifica perché sono arrivato sette. Se solo questa MdS durasse qualche settimana in più… Ma purtroppo è l’ultimo pomeriggio in bivacco e percepisco una certa tristezza. Non c’è modo di allontanarmi dal tendone comune. Neanche quando annunciano i gironi dei mondiali di Calcio e sfottono giustamente la nazionale Italiana. Non ho voglia di riposarmi. Non serve più!

Oggi è il giorno delle ultime chiacchiere, delle ultime mail ricevute. Chissà se domani pomeriggio, puliti e cambiati saremo le stesse persone. Se il mondo reale è come il nostro allegro bivacco. È anche tempo dell’ultimo pasto cucinato con pentolino e noccioline (sì, dopo il secondo kg non ne potevo più e ho iniziato a bruciarle, funzionano benissimo). Si può mangiare tutto quello che rimane nello zaino e anche di più. Il nostro fardello sarà leggerissimo. L’ultima cena con Brien e Edward, che stava già piangendo commosso appena completata la maratona, profuma da pranzo di festa con i parenti. In effetti, è stata una relativa grande abbuffata. Abbiamo, per la prima volta, avanzato del cibo. Non era mai successo. La magia della MdS inizia lentamente a lasciare le nostre tende, improvvisamente sono infastidito dalla mia puzza e non posso sopportare tutta questa sabbia nel sacco a pelo. Ancora qualche ora e non sarà più deserto. Voglio la mia pizza.

 

DAY 7 - MENDIETA / LA CATEDRAL - 19.6 km

“Sono rimasto senza parole ma sono tornato pieno di racconti”

Io in un momento di troppi ricordi


Ci siamo. Ultimo giorno. Ultimi 20 km verso il primo bar con una birra. Abbiamo tutto il tempo di svuotare lo zaino di qualsiasi cosa superflua e fare le ultime foto ricordo. Una distanza così corta (beh ora sembra corta) sa di liberazione. Per un giorno chissenefrega se non metto i cerotti sulle spalle, non uso gli occhiali da sole o non mi metto la protezione solare. E per l’ultima tappa ignoro anche i consigli di Studio Aperto e non mi porto niente da bere. Ribellione totale. Al massimo mi ritiro ad un km dal traguardo. Sarebbe stupido ma sensazionale.
Un ultimo saluto alla mia casetta arancione. Mi ci ero affezionato. Cosa ci faranno? Visto l’odore che emanano non riesco a trovare altra risposta se non il fuoco purificatore. Ultimo saluto ai compagni di avventura e ostentazione della bandiera con gli amici italiani. Ho le farfalle nello stomaco. Non posso credere di essere arrivato fino a qui. Non posso credere di essere già qui. All’ultimo briefing sono emozionato e commosso. Gäelle mi chiede: “Come correrai oggi?” “Nahh, tranquillo”. Ma sono un pessimo bugiardo. Ci viene dato il via e parto a tutta. Corro come meglio so fare, guidato solo dalle sensazioni e dalle emozioni. Forse mi ritiro davvero al 19°km!

27 CIMBALY ©AlexisBerg MDSPEROU17 HD 7062

©AlexisBerg_MDS Perù

Il paesaggio è lo stesso di ieri. Le spiagge sono ancora più lunghe e il ritmo più veloce. Il peso dello zaino è sceso al minimo, saranno 3-4 chili e ora sembrano impercettibili. Dopo aver superato Melanie con i soliti cori da stadio e Nathalie con il consueto “Alé, alé”, mi lancio all’inseguimento di quelli forti, che stavolta sono davvero forti. 

Poco prima del primo check point raggiungo Gediminas Grinius, ho un sacco di domande nella testa: “Come faccio a essere qua?” “Si può sorpassarlo o è lesa maestà?” “Se gli chiedo ora un'intervista per Spirito Trail mi picchia?”. Ma arrivano 200 metri di salita, dimentico tutto e tiro dritto. Poco dopo raggiungo anche Julien Chorier. Di nuovo mi assalgono le stesse domande. So che loro hanno tirato come matti per tutta una settimana mentre io ho passato i primi giorni in vacanza, ma fa comunque strano essere fianco a fianco di questi atleti per cui di solito sgomito tra il pubblico agli arrivi delle gare internazionali. Sensazione ed emozioni. Non rallento neanche qua, raggiungo due ragazzi peruviani e aspetto che arrivi il momento dell’implosione. Quando mancano 5 km inizio a vedere il traguardo finale e già mi viene la pelle d’oca. Lo hanno posizionato sulla scogliera più figa della spiaggia più figa del posto più figo. Bisogna ammettere che i ragazzi della MdS hanno un certo gusto estetico. Sento che mi sto sovrariscaldando, rallento un poco, adesso salto, adesso salto, -4, -3, non ce la posso fare. Emozioni e sensazioni. E tanta adrenalina. A 2 km dal traguardo inizio a ridere e so che non sentirò più niente. I ragazzi peruviani tornano a farsi vicini ma non me ne frega più nulla. Sono in un posto tutto mio. Mancano 50 metri. Mi fermo. Cammino. C’è un boato da stadio. Piangerei se avessi ancora dei liquidi. È un arrivo bellissimo. Sono un finisher della Marathon des Sables. La mia prima corsa nel deserto!

Come se non fossi abbastanza fatto di adrenalina, c’è l’abbraccio finale, la medaglia, un preziosismo sacchetto del pranzo, selfie a caso con gente che non conosco. Probabilmente mi addormenterò tra due o tre giorni. Quando mi risveglio dal mio stato euforico ho già mangiato due pranzi, scroccato una birra e offerto un po’ della mia preziosa Nutella. Quando metto il primo piede sul Bus che ci porterò ad un lussuossimo Hilton Hotel capisco che la vera Marathon des Sables è finita. Arrivederci deserto. Mi hai stregato il cuore.

28 CIMBALY ©AlexisBerg MDSPEROU17 HD 7983

©AlexisBerg_MDS Perù

 

RITORNO ALLA NORMALITÀ A PARACAS

“Voglio viaggiare abbastanza da non sentirmi mai a casa mia”

Io al quarto Pisco sour


È un lungo processo quello che ci riporta ad un mondo più reale, ma meno vero.
C’è la prima doccia e i primi vestiti puliti.
C’è l’imbarazzo di rivedere le stesse persone del bivacco lavate e per questo non riconoscerle.
C’è il momento di panico in cui si accende il cellulare dopo 8 giorni di irreperibilità.
C’è la seconda, terza, quarta doccia perché misteriosamente la sabbia continua a saltare fuori dai posti più sorprendenti.
C’è la cerimonia di premiazione e il primo video dell’edizione appena conclusa. Pochi minuti in cui si cancellano quelle parole pronunciate dopo il secondo giorno “una cosa così non la farò mai più!” e si pensa già alla prossima.
C’è il post su facebook/instagram/Focus junior in cui ci si vanta con il mondo per aver fatto una cosa così figa.
C’è il tanto desiderato buffet e l’indigestione al secondo piatto di pesce perché lo stomaco non è più abituato al cibo.
C’è la serata di festa più corta della storia. Abbiamo fatto 250 km e andavamo a letto ogni giorno alle 19.30. Altro che ore piccole.
C’è la colazione dell’hotel preparata con più serietà delle varie tappe giornaliere.
Ci sono i vari mail, telefono, profilo da scambiarsi per rimanere in contatto ed avere qualcuno che ti capisce quando sospiri pensando al deserto.
C’è l’ultima serata di festa, la scoperta del Pisco sour e gli ultimi rimpianti.
C’è una mattina molto difficile e il rimpianto di aver scoperto il Pisco sour.
C’è il trasferimento a Lima, l’attesa all’aeroporto, la rinascita con due menù del McDonald e il lungo aereo di ritorno.
C’è il jet-lag e lo shock per una temperatura completamente diversa.
C’è la routine che ricomincia e il tempo che torna a scorrere veloce. Ma è tutto senza gusto, senza sapore, senza significato. La produttività è nulla.
Ci sono tanti sospiri pensando al deserto.
C’è già la voglia di rifare un’esperienza del genere.
MdS mi manchi già.