LIVIGNO SKYMARATHON, IL TOCCO DEL “DEGA”

Testo di Dario Pedrotti

Foto: organizzazione

 

Di solito non è una buona idea scrivere di una gara quando ancora l’acido lattico gira per le gambe e il cervello: si rischia di essere troppo critici. Però se in quelle condizioni si ha un bel ricordo, allora deve proprio essere una bella gara. Io non ho ancora finito di tornare a casa dalla Livigno Skymarathon, e di acido lattico che mi gira per le vene ne ho ancora a litri, eppure di lei penso che sia una delle gare più belle che io abbia mai corso.

Skymarathon Livigno GM 23 05322 

Se per i finisher della Livigno Skymarathon non ci fossero state 100 iscrizioni automatiche al Kima, io non ci sarei mai andato. Drogato di ultradistanze e ormai felicemente abituato al fatto che le mie gare durano molto di più del tempo di arrivarci e tornare a casa, una 35 km (con 2800 metri di dislivello) a 5 + 5 ore di viaggio di distanza da casa, non l’avrei mai presa in considerazione.

Quanto grosso, non l’avrei mai scoperto, perché dai filmati non si ha una percezione abbastanza completa, ma non andarci sarebbe stato proprio un errore.

Più di tutto, ad entusiasmarmi è stato il tracciato, progettato evidentemente da qualcuno a cui correre in montagna piace da morire, e quando non è lui a farlo, vuole dare agli altri e alle altre tutto quello che avrebbe voluto trovare lui. Questo “qualcuno” risponde al nome di Marco De Gasperi, che oltre ad aver vinto svariati titoli mondiali di corsa in montagna, evidentemente di questo gioco è proprio follemente innamorato. Non si capisce come avrebbe potuto, altrimenti, disegnare un percorso dove non c’è neanche un metro meno che bellissimo, e dove lo sviluppo dell’altimetria ti spreme come un limone fino all’ultimo metro, senza mai farti pensare che “quel tratto si poteva tranquillamente evitare”.

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Sì, questa volta parliamo di corsa in montagna, non di trail: tecnicamente, di una Skymarathon, di nome e di fatto. Negli ultimi anni mi ero ormai convinto che se si può dedicare un fine settimana a stare su per i monti 12 o più ore, perché sprecarne uno con una roba da sei ore (o meno di 4, per chi l’ha vinta)? Ebbene, la risposta è che se in quelle 6 ore riesci a riempirti gli occhi e il cuore con tutto quello per cui di solito te ne servono almeno 12, forse non è poi così necessario andare a pescare sempre le più ultra delle ultra. A mio personalissimo parere, a livello di bellezza, la Livigno Skymarathon vale una buona metà dell’UTMB e almeno un centinaio di km di Tor, inoltre la sua “brevità” ti spinge a correrla ad un ritmo che nelle altre non ti sogneresti neanche, e che ti fa vivere a ritmo accelerato le emozioni che di solito per maturare hanno bisogno di giorni sui sentieri.

E tutto ciò non è certo esagerato da una mia ottima prestazione che mi ha obnubilato i pensieri, perché ottimo non lo sono stato affatto.

Abituato alle ultra ultra, avevo pensato che così pochi chilometri si potevano correre molto più allegramente, con l’ingenuità di un dodicenne che non si è posto il problema che per andare più veloci, bisogna essere allenati a farlo.

I primi chilometri in piano sull’asfalto, in uscita da Livigno, c’è chi li usa per riscaldarsi a dovere, chi per lanciare tutti i cavalli vapore di cui dispone, e chi per imballare il motore prima ancora di essere partito. Io sono fra i terzi. Dopo forse un chilometro della prima salita, 900 metri di dislivello tutti in un sorso, modifico il mio obiettivo di mantenere la posizione, in quello di abbassare i battiti cardiaci sotto i 300 al minuto e arrivare vivo in cima. Considerando la pendenza micidiale e la pressione sociale di quelli davanti e dietro, non è affatto banale. Il bosco di larici tutto intorno aiuta.

Una volta in cima, mentre inizia ad aprirsi il panorama che non smetterà di incantarmi fino all’ultima discesa, le mie condizioni più o meno si stabilizzano, smetto di essere superato da qualcuno ogni 2 minuti, e inizio a godermi la gara anche con le gambe. Si scende lungo una cresta, che sarebbe bellissima se non fosse la più brutta di quelle che incontreremo, e poi si sale per le prime corde fisse, in un rapporto privilegiato con la roccia, che raramente capita di incontrare in un trail. Dopo una breve discesa, si torna a salire fra i sassi, lungo un sentiero che sale a zig zag verso il cielo, e quando ci arriva ci deposita su un’altra cresta, al confine con la Svizzera, da togliere il fiato a tutti quelli a cui non ci avesse già pensato l’altitudine sui 2900 metri.

Più avanti altre corde fisse e catene, in su e in giù, e poi ghiaioni, divertimento allo stato puro se nel frattempo hai trovato una quadra con i tuoi muscoli (e io per fortuna l’ho trovata).

Come altrettanto divertente è la discesa in Val Federia, una placida valle alpina foderata di pascoli, che risaliamo poi lungo pendenze più che accettabili, dove chi non ha esagerato fin lì può correre tranquillamente. Poi è ora dell’ultimo colle, quello che riporta nella Valle di Livigno, e anche questa volta la pendenza sarebbe amica delle sagge formichine che hanno risparmiato fin lì, ma intorno a me ne vedo poche, probabilmente sono passate da due ore o passeranno più tardi. Io e gli altri intorno a me ci accontentiamo di salire ad una andatura dignitosa, e guadagnarci quello che già mentre lo correvo mi veniva da chiamare un “inno alla corsa in montagna”: un traverso di un chilometro o poco più, in costante falsopiano in salita, con numerosi attraversamenti su neve, affacciato da una parte sulla valle di Livigno e dall’altra su tutte le montagne svizzere che ci hanno accompagnato, con vista “riassuntiva” anche su tutta la strada che abbiamo fatto fin lì. Bello. Bello. Bello.

Skymarathon Livigno GM 23 05670

Da lì iniziano 10 km finali di discesa verso Livigno, che ricordano un po’ quelli della LUT verso Cortina, solo che questi sono tutti bellissimi. Eccetto forse, ma è più una percezione deformata che una valutazione oggettiva, quei 500-600 metri che sbagliano pendenza e costringono a risalire atleti e atlete già completamente in mood da discesa, che per lo più non lo apprezzano per nulla.

Poi c’è solo un chilometro di pazza corsa lungo una pista da sci e giusto un paio di centinaia di metri in piano per godersi gli applausi dei presenti, che precedono lo striscione di arrivo.

Livigno è un po’ fuori mano, ma questa gara è assolutamente da fare. Peccato solo che dobbiate aspettare due anni, dato che per l’accoppiamento con il Kima, biennale anche lui negli anni pari, si correrà d’ora in poi sono negli anni dispari.

A proposito di Kima, sono arrivato 94° (due ore dopo il primo, due ore prima del tempo massimo), quindi missione compiuta.

 

LA GARA IN PILLOLE

Testo di Maurizio Scilla

Caratteristiche di quest’edizione 2023: cielo terso, temperature basse e un tracciato di una tecnicità e una spettacolarità che ha lasciato tutti a bocca aperta.

Gli atleti della Skymarathon dovevano affrontare  quattro vette particolarmente impegnative: il Monte Motto (2700 m), Punta Cassana (3016 m), Pizzo Cassana, noto anche come Piz da Rin (3007 m) e il Monte delle Rezze (2858 m).

Successo a livello di numeri con 370 iscritti alla Skymarathon e oltre 200 allo Skytrail. 

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Nella gara maschile della Skymarathon subito battaglia tra Gianluca Ghiano, Sergio Bonaldi, Mattia Gianola e Lorenzo Beltrami . A spuntarla sul traguardo di Livigno è stato il lecchese Beltrami. Secondo Bonaldi, mentre completava il podio l’altro lecchese Mattia Gianola. Quarto il piemontese Gianluca Ghiano, quinto Erik Gianola.
 Tra le donne, per tre quarti di gara sfida tra Fabiola Conti e Francesca Rusconi, nell’ultima salita l’azzurra Conti riusciva ad allungare ed andare a rivincere, seguita dalla Rusconi, il terzo gradino del podio era occupato dalla giovane Giulia Pol. 

Il catalano Oller Jan Torrella è il vincitore dello Skytrail, davanti al lombardo Alessandro Rossi e all’altro catalano Iu Net Puig. Tra le donne gara molto combattuta e vinta dall’atleta più giovane in gara, la catalana Gabriela Lasalle Gratacos che ha preceduto un’ottima Elisa Desco al rientro dopo un lungo stop per infortunio.
Dopo aver chiuso il gap in salita l’intramontabile campionessa piemontese si è però nuovamente staccata nell’ultima discesa. Completava il podio la lecchese Chiara Lelli.