di Matteo Grassi
DXT. 103 chilometri e 7.100 metri di dislivello positivo. Numeri che fanno spavento anche solo a pensarli.
Ci vuole una settimana solitamente per percorrerli. Ma qua la sfida sta nel fare da Forno di Zoldo a Forno di Zoldo, il giro della valle, nell'arco di un giorno o poco più.
Spiz di Mezzodì, Prampèr, Tàmer, San Sebastiano, passo Duran. Moiazza, Civetta, passo Staulanza. Pelmo, Rite, forcella Cibiana, Bosconero. Nomi che messi assieme fanno rabbrividire. Che rimescolano cervello e stomaco come pale di un frullatore. Un vortice che ti assorbe e ti risucchia.
E il terreno di gioco? Quello va provato per capire cos'è.
A parte alcuni, pochi, tratti facili e rilassanti, tra Staulanza e Zoppè, il resto sono sentieri nervosi, stretti, accidentati, quest'anno anche insidiosi. Scivoli di fango, ruscelli gonfi sotto al temporale notturno che ha aggiunto del piccante a un piatto già forte di suo. Discese tecniche tra rocce e ghiaioni, valle delle Sasse, serpentine dantesche spaventose, le Calade. Risalite ripide nei boschi dritto per dritto, Mezzodì, Rite e Bosconero.
Un percorso severo che ti spreme, corpo e mente, fino all'ultima goccia di energia, di resistenza, di volontà.
Tanto che può succedere di odiarlo, perché mentre ti incanta con le pareti verticali arrossate dall'alba, Civetta, Pelmo, o accese dal sole alto dorato, al tempo stesso ti svuota di ogni certezza e convinzione portandoti sull'orlo della rinuncia.
La DXT è una gara dura, severa e intensa come poche e ti si infila dentro come un tarlo. Passato il momento della sbornia, il momento o i momenti in cui hai toccato il fondo, la risalita è una resurrezione che ti riempie colmo di emozioni. Così forti e contrastanti che non c'è parola adatta per descriverle.
E poi, quando hai appena lasciato alle spalle il silenzio incantato del Bosconero, e passi dalle ombre cupe della faggeta alle ghiaie assolate mentre aggiri l'ultimo rilievo. Intuisci la valle che si apre e spiana davanti a te. Inizi a sentire il profumo del traguardo, e le voci festose. Spunta un sorriso, spontaneo, dolce ma anche un po' triste e malinconico. Perché senti già che tutto questo ti mancherà.