MARATHON DES SABLES: COMMENTI NEL CALDO

A cura di Francesco Rigodanza

L'11 aprile è partita la 38° edizione della Marathon Des Sables. 250 km di autosufficienza nel deserto. Una competizione che si scosta dalla quasi totalità delle gare trail e dall'attenzione dei principali brand, eppure mantiene ancora il suo fascino e la sua unicità. 

Nei primi quindici assoluti quest'anno due italiani: Roberto Mastrotto 10° e Alessio Zambon 14° che insieme a Petter Restorp hanno concluso al terzo posto nella classifica a squadre. 

Abbiamo ripercorso con loro la preparazione e i giorni della gara.

 

In un mondo trail sempre più competitivo e fitto di gare, come mai la scelta di preparare e correre una gara così diversa come MDS?

Alessio:

Ho scelto di preparare la MDS appunto perché era il modo per vivere un'avventura e non una gara. Difficilmente sarebbe andata così se l'avessi affrontata come una competizione. La diversità di MDS è proprio quello che la rende così affascinante. Puoi essere il corridore migliore al mondo e non valere nulla nelle condizioni in cui ti ritrovi durante quella settimana. Sapevo che sarebbe stata una questione di corsa ma anche di molto altro, e in tutta questa complessità mi sentivo più a mio agio al momento che ho deciso di partecipare.

Roberto:
Diciamo che dopo la partecipazione a sorpresa alla Half MDS Jordan a fine 2022, il deserto mi ha lasciato dentro la voglia di tornare per riconfrontarmi su quel terreno, preparando un po' la gara e magari andando a fare la gara delle gare sulla sabbia, la Marathon Des Sables per l'appunto. Da lì l'idea di chiedere a Petter Restorp la scorsa estate a Chamonix di provare a partecipare anche come Team La Sportiva, in modo da provare anche a piazzarci nella classifica a squadre. A quel punto nei mesi successivi siamo andati alla caccia del terzo componente del Team, e cercando qualcuno di solido, con abbastanza esperienza di endurance per portare a termine le tappe e che fosse anche bravo nello scroccare cibo extra dalle altre tende ci è subito venuto in mente Alessio. Per quanto riguarda il lato agonistico devo dire che preparare e correre una gara come MDS misurandosi con i più forti corridori del deserto, in condizioni ben lontane da quella che è la mia zona di comfort, mi è stato di grande stimolo nelle settimane di preparazione specifica per il Sahara. La preparazione mi ha richiesto uno sforzo importante in particolare per la ricerca del materiale più leggero e comprimibile possibile, così come dei cibi più “furbi” dal punto di vista del rapporto kcal/g, per non parlare del protocollo di “heat adaptation” e dei fondi medi zavorrati dai kg dello zainone.

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Avete chiesto consigli a chi l'aveva corsa prima di voi? Se sì, sono serviti?  

Alessio:
Sì ho chiesto consigli alle persone giuste. Chiedere a chiunque sarebbe stato peggio, perché ne sarei uscito con più confusione. Ho chieste le cose in cui mi sentivo incerto, per il resto ho lasciato che l'esperienza in situazioni simili mi aiutasse. Diciamo che mi è servita molto di più la consulenza di Roby che per mesi ha analizzato foto e video dei top runner del passato per scoprire i loro segreti, pur non avendo mai corso in prima persona una MDS intera. Io ho solo filtrato un attimo la stregua ricerca di efficientismo nel peso a discapito del comfort.

Roberto:
Sì assolutamente. Ho chiesto info a Rigo (non so se conosci), famoso per avere chiuso MDS Perù alimentandosi solo di bagigi (arachidi), scatolette di sgombro e crostini da zuppa. Ho chiesto qualche info a Blanchard e ad un amico francese che aveva fatto top10 lo scorso anno. Mi sono studiato poi anche le foto, i post, le stories passate sui social dei vari atleti di testa, cercando di rubare qualche idea furba per risparmiare grammi e per stabilizzare lo zaino. Se guardi i corridori marocchini vale la regola che è meglio abbondare di extra cinghie sullo zaino, poi puoi anche correre con l'Eastpak delle scuole medie.


Come vi siete preparati? La cosa più strana? 

Alessio:
A tutti ho detto che non ho preparato la MDS. Nel senso che di corse sulla sabbia ne ho fatta una soltanto, e di corse con lo zaino 3 in tutto. Ero convinto che una vita da atleta, tutte le situazioni scomode affrontate in passato, fossero più utili di un allenamento extra specifico su questa gara. Correre con lo zaino ha avuto solo il risultato di rendere brutti gli allenamenti di corsa, ho deciso quindi che sarei stato pronto in ogni caso, e così poi è stato. Si poteva fare meglio con molte più corse con lo zaino in spalla, ma forse non sarei arrivato così carico e motivato. La cosa più strana è stato quella di realizzare come, la corsa zavorrata, faccia scoprire nuovi livelli di crisi interiori a cui non era abituato, ma ho anche capito di saper gestire meglio questa cosa in confronto alle gambe distrutte di una gara di trail classico. Ti senti proprio spegnere da dentro, senza mai ritrovarti le gambe dure come il legno, proprio strano.

Roberto:
Ho cercato di privilegiare la corsa in piano, e a tal proposito penso che anche inserire Tarawera 100k a febbraio sia stata non male come idea. Poi nelle settimane del periodo di preparazione più specifico per MDS ho pian piano iniziato a giocare con le variabili che avrei trovato nel deserto (caldo, zaino pesante, terreno soffice/instabile, intensità), evitando in prima battuta di inserire più di una variabile all'interno della stessa sessione di allenamento. Per il caldo ho seguito un protocollo “heat” che prevedeva delle immersioni in acqua calda a 41-42°C post allenamento, prevedendo periodi di carico e scarico un po’ come si fa solitamente con la corsa. Per lo zainone, ho zavorrato più zaini arrivando a 7-9kg con pesi, bottiglie d'acqua, asciugamani da spiaggia. L'ho inserito gradualmente all'interno delle mie uscite di corsa lenta, portandolo poi via via anche su uscite un po' più sul ritmo in modo da giocare con la variabile intensità. Infine, per il discorso sabbia mi sono giocato due uscite lunghe sui litorali veneti a Jesolo e a Brussa, zavorrato con lo zaino. La cosa più strana è stata sicuramente in occasione del lungo da Punta Sabbioni a Jesolo centro quando i turisti si sono visti arrivare un tizio vestito da astronauta con ghette ai piedi e zaino jet pack con le cannuccione frontali delle flask WAA.


Gioie e dolori di sfidare i marocchini: come è andata la gara là davanti? 

Alessio:
Aver affrontato i marocchini è un attimo un eufemismo. Ho corso con loro qualche km nelle prime tappe, per il resto hanno fatto un altro sport. Si vede distante km che per noi qui non c'è storia. Ognuno di loro partiva con minimo 2 kg in meno di zaino rispetto al mio. Dormire senza materassino è normalità, per me invece sarebbero state notti insonni. Io dovevo bere almeno 1,5 l di acqua all'ora, loro con mezzo litro se la cavavano. Che ci fosse sabbia o terra battuta il ritmo non cambiava, mentre io affondavo fino alla caviglia. Una vera gioia è stata quella di aver dato lezione sul terreno tecnico: durante i tratti rocciosi in cresta e in discesa sono riuscito addirittura a recuperare terreno, a dimostrazione che il terreno di allenamento fa molta differenza.

Roberto:

I marocchini fanno veramente un altro sport in quelle condizioni, e lo si vede proprio nei tratti piani di sabbia soffice e nelle tappe più calde. Corrono veloci e leggeri sul terreno soffice al pari di essere su un sentiero ben battuto e la cosa impressionante è anche come riescano a far stare tutto in uno zaino così compatto fin dai primi giorni, in particolare per il cibo. Io limando il possibile sono partito con 4,5 kg per 24.000kcal di cibo. Non penso sacrificherei nemmeno un grammo di quelle calorie in quanto post tappa il gioco lo si fa a chi recupera per primo, e senza benzina, il giorno successivo la crepa è assicurata. Al di là di questo è stato bellissimo dichiarare una partenza conservativa alla prima tappa, salvo poi far saltare subito i piani allo start dove mi sono ritrovato ad inseguire un Rachid partito a 3’50”/ km con lo zaino pieno, insieme ad un gruppetto di altri atleti marocchini, ah che bei ricordi.

Gli unici tratti dove a tutti gli effetti noi "montanari" ci siamo sentiti più a nostro agio sono stati i passaggi tecnici in cresta dove per un attimo ci siamo sentiti nelle Piccole Dolomiti a “ravanare” tra amabili roccette e neve fresca e nelle poche discese lunghe dove in 400 m di discesa ci siamo ritrovati per magia a recuperare tutto il gap preso dai marocchini, salvo poi ripagare dazio nel piattone sabbioso successivo. È stato divertente!

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Quanto ha aiutato fare questa esperienza in squadra? 

Alessio:

Correre in squadra all'inizio mi spaventava. Era palese fin dall'inizio che dei tre sarei stato quello più lento. Roby e Petter eccellono a livello internazionale da molti anni. Io mi reputo un atleta solido ma di sicuro più lento. Per questo avevo paura di subire la pressione che di solito sono bravo a mettermi da solo. Fin da subito invece ho sentito due persone sempre e comunque a supporto, già dal momento zero la paura è svanita. Molto ha fatto poi vedere che si, ero lento ma non quanto pensassi. Ogni giorno abbiamo cercato di condividere gioie e paure, ci siamo mostrati spaventati senza veli e questo mi ha aiutato. Ci siamo suddivisi i compiti, come quello di tenere pulita la tenda, fare la legna, scaldare l'acqua ed è stato molto utile. Poi ovvio, durante la MDS ci sono moltissimi momenti morti e passarli a ridere e scherzare aiuta un recupero più veloce.

Roberto:

Dal mio punto di vista veramente tanto, in particolare nei lunghi periodi in bivacco dove mi son goduto veramente molto avere a fianco due poli opposti. Da un lato la precisione millimetrica di Petter, partito allo start con uno zaino da 6,6 kg (dove il minimo concesso è di 6,5kg), che in tenda non sconfinava di un millimetro dalla sua area di occupazione, che non si lamentava nemmeno dopo 5 giorni di gara corsa a pain killers e pugnetto. Dall'altro Alessio, partito con lo zaino da 9 kg più ingombrante di sempre, che in tenda esplodeva con oggetti sparsi ovunque, che ha perso e ritrovato sette volte la cintura e la fascia cardio, e che ogni due per tre rispondeva a stimoli e gridava cose. È stato uno spasso. La cosa bella è poi che siamo riusciti ad essere anche molto solidi e compatti anche a livello di crono, nella maggior parte delle tappe.


Quale è stata la principale difficoltà che avete dovuto affrontare? E come l’avete superata?

Alessio:
Personalmente la più grande difficoltà è stata quella di non riuscire a recuperare come volessi il carico di chilometri giorno dopo giorno. Abitualmente dopo tanti km sono abituato a mangiare moltissimo per recuperare, stendermi a letto e avere una temperatura adeguata. Qui invece vivevo in uno perenne stato di fame, bevendo acqua a 38 gradi, non avendo nessun modo per trovare refrigerio. Allo stesso tempo dormi poco e molto scomodo, con continui risvegli a causa delle folate di vento e sabbia che ti arrivano in faccia di notte. Tutto questo insieme di condizioni porta le energie ad esaurirsi ancora più velocemente di quello che la corsa fa già da sé. Ho cercato degli stratagemmi per cercare dei posti più “freschi”, come quello di passare molto tempo in infermeria a farmi curare le vesciche. Ho cercato di elemosinare calorie extra per tutto il bivacco e per la notte, ma non ha funzionato. Come direbbe Roby, “abbiamo stretto il pugnetto” anche per dormire, alla fine la stanchezza si percepiva ancora prima del nostro odore.

Roberto:
Per quanto mi riguarda, ho sofferto più di altri il sovraccarico dello zaino, nonostante il mio alla partenza fosse di 7,3 kg, quindi comunque ben "tirato". Lungo il tappone lungo verso il 40 km ho avuto un colpo di calore importante, che mi ha tagliato le gambe e mi ha fatto passare un gran brutto momento. Non pensavo di riuscire ad uscirne e chiudere la tappa. Fortunatamente, complici anche le esperienze a Canyons by UTMB lo scorso anno e a Tarawera in febbraio sono riuscito a gestirlo ed uscirne chiudendo poi in rimonta il tappone. Sempre nella stessa tappa, Alessio ha avuto problemi di pipì rossa, ed è stato fenomenale ad uscirne. Durante i periodi di bivacco due momenti sicuramente difficili sono stati il giorno di riposo post tappa lunga, dove in tenda all'ombra ci saranno stati almeno 38-39°C e una delle ultime sere dove siamo stati colpiti tutta la notte da una tempesta di sabbia. Dormito zero ore e il giorno successivo partire a correre non è stato per nulla facile. Fatela voi una notte in soglia pre-gara e poi la gara stessa sembrerà uno scarico!