La birra più sudata

Marco Vendramel

Mi sono perso… primo giro di corsa nei boschi dello Yosemite e mi sono perso. Certo vuoi mettere, perso sui single track all’ombra dell’half Dome, micapizzaefichi!

Dopo quattro ore che corro su e giù per queste montagne, sbuco in una radura. Due tende, due moto parcheggiate, due personaggi che sembrano usciti da easy rider.

Sono loro a chiedermi da dove arrivo, ma si sono dati un’occhiata? Comunque spiego loro dove ho lasciato la famiglia, in quale motel. Crazy! Much miles away from here!

E come facciamo? No problem, Accende la belva, mi fa segno di sedermi dietro e in una mezz’oretta eccomi a destinazione. Impolverato, senza né maglietta né casco seduto su un frullatore con due ruote, ma salvo.

Un paio di birre con i “ragazzi” (che potrebbero aver avuto 20/25 anni più di me) una stretta di mano, ancora qualche variopinta esclamazione sulla corsa e i corridori e il biglietto per essermi perso è saldato.

E la vostra birra o bevanda energetica più sudata o ridicola quale è stata?

 

Nella categoria birre più sudate metto sicuramente la prima esperienza "trail”.

Ricetta: un amico scemo, una scommessa, e l’ignoranza più assoluta. Missione?! Ma è ovvio, partire da casa dell’amico a Rovereto e concatenare piccole Dolomiti e un pezzo di Pasubio in giornata. Un’impresa ridicola già sul nascere visto che le nostre esperienze erano dei miseri avvicinamenti in falesia, delle normalissime camminate in montagna, e la corsa solo per allenarsi alle gare di sci alpinismo.

Partenza alle sei, per un giro che misurava 80 km (e chi se lo immaginava...) e mille mila metri di dislivello... Ricordo ancora le imprecazioni, dato che non avevamo con noi nulla. Il freddo. E una pizza e appunto una birra prima dell’ultima salita e l’ultima discesa fatta a notte inoltrata. Ricordo le risate, le gambe di marmo, le crisi nere, e le visioni mistiche per una semplice barretta di cereali. Chi si immaginava che poi anni dopo ci sarebbe stato l’amore per gare simili. Eravamo maggiorenni da non molto, ma a pensarci bene forse con il cervello non lo eravamo ancora. Quella è stata avventura vera, quella pizza e la birra della disperazione rimarranno ricordi indelebili della mia esperienza.

E poi sai che gusto a raccontare agli amici al lunedì che razza di "viaggio" ci eravamo sudati la domenica?

Christian Modena

 

Sono astemia e giusto per essere precisi, anche solo l'odore della birra non mi piace.
Però... c'è sempre un'eccezione alla regola!
Qualche estate fa, durante uno dei nostri vagabondaggi estivi per sentieri valdostani, Paolo ed io ci troviamo nel bel mezzo di una bufera di vento gelido e pioggia battente mentre tentiamo di raggiungere il rifugio Elisabetta ancora ben distante.
Cerchiamo riparo all'interno di una specie di malga, bussiamo ma non ci sono segni di vita. Colti da disperazione ci permettiamo, dato che la porta non è chiusa a chiave, di entrare in casa lo stesso solo per ripararci per qualche minuto. In un batter d'occhio si materializzano fuori dalla porta quattro cani che ci abbaiano scatenati e in maniera poco socievole. Riusciamo a sfuggire loro solo rinchiudendoci all'interno della stanza privata nella quale, di fatto, eravamo entrati.
Ora ci ritroviamo "ostaggi" di quattro cani nella cucina di qualcuno che nemmeno conosciamo e che non sappiamo come interpreterà il nostro accesso non preventivamente autorizzato nella sua abitazione!
Passa parecchio tempo e finalmente arriva un omone grande e grosso. Noi ci facciamo piccini piccini e chiediamo scusa...
L'omone ci sorride, capisce la situazione e ci offre formaggio di malga e caffè caldo. Che grande sollievo!
Il caffè però era corretto con Genepy; l'ho bevuto tutto lo stesso senza fiatare ...perché, a naso, credo che quell'omone avrebbe preso peggio il fatto che sono astemia che non l'irruzione in casa sua!

Lisa Borzani

 

Una birra e una doccia. Tutto quello di cui avevamo bisogno. Eravamo partiti tre giorni e 120 km prima da Schio per fare tra tre amici il famoso sentiero E5 al contrario (in su). Pasubio, Folgaria, Levico e poi ancora avanti. Obbiettivo Val di Cembra. Molto ottimisti. Zaini da 30 chili con molto materiale superfluo e poco necessario, una tenda in ghisa e tanta spensieratezza. Dopo molto ore di cammino e qualche corsetta in discesa ce l’abbiamo quasi fatta. Ci siamo persi svariate volte, ci siamo incavolati l’uno con l’altro, siamo stati assaliti da delle mucche, abbiamo saccheggiato minisupermercati cercando le calorie più economiche e abbiamo vissuto attimi stupendi. Ma ce l’abbiamo fatta.
Che bella quella birra a Cembra. La fine di un viaggio. Un saluto di tre amici che a pochi giorni sarebbero partiti per i diversi angoli del mondo dopo aver vissuto tanto insieme. Le nostre serate? Le nostre avventure? Le nostre risate?
Era più di una semplice birra.
Per questo ne abbiamo avute cinque. Così ci siamo dimenticati tutto.

Francesco Rigodanza

 

La prima edizione della 100 miglia dell'Istria è stata una gara alquanto particolare.
Gli organizzatori l'avevano concepita, inizialmente, secondo i principi dell'orienteering, per poi trasformarla in percorso balisato.
Dell'orieentering però avevano conservato il principio di obliterare il proprio passaggio presso dei bussolotti sparsi lungo il percorso. Cosa che mi ha ben che danneggiato!
Il fatto è che essendo in prima posizione, e pensando più a correre, e per di più di notte, che alla pratica dell'obliterazione mi sono trovato, al primo controllo, ad averne saltato un paio.
"E adesso che faccio?"
"Torna indietro e timbra!"
"Ah, bene!"
Immaginate uno che, frontale in fronte, viaggia controcorrente rispetto al gruppo di concorrenti, e se ne va a cercare i bussolotti dimenticati, perlomeno a cinque chilometri di distanza, risparmiando sulle imprecazioni per non sprecare fiato. E con la prospettiva poi di concludere una cento miglia!
Formalizzati i passaggi non c'era altro da fare che recuperare il terreno perduto, con dieci chilometri in più già in saccoccia.
Tutta la notte non ho fatto altro che raggiungere e superare gente, e al mattino mi sono trovato a viaggiare intorno alla decima posizione. Poi le cose si sono dilazionate, durante la giornata, ma ancora qualche posizione l'ho recuperata, se alla sera, all'ultimo controllo, mi sono trovato in quinta posizione.
Ma la sorpresa più grande è stata quando, all'arrivo, mi hanno detto che ero il secondo classificato!
Beh, credo che quella volta una birra, o qualunque altra bevanda sia stata, l'ho bevuta con enorme soddisfazione, ripensando a quella rimonta che aveva un sapore epico!
E per di più si vinceva una brocca!

Enrico Viola


Sto correndo sugli Appennini, devo fare pochi chilometri su percorsi conosciuti, ma sto bene, la mia condizione è davvero ottima, quindi decido di allungare di qualche chilometro. Non passano nemmeno venti minuti e mi accorgo di essermi persa, mi trovo in mezzo a boschi pieni di foglie da coprirmi le caviglie e strade carrozzabili utilizzate dai cacciatori. Penso immediatamente che qui potrei anche morirci continuando a girare su me stessa per ore. Chi mi conosce sa di cosa parlo.
A completare il quadretto mi accorgo di essere rimasta senza cibo e acqua. Il cellulare non prende. Dopo interminabili giri arrivo in una frazione sperduta composta da quattro case.
Suono il primo campanello.
Nulla.
Busso la seconda porta.
Mi trovo davanti un cingalese che mi guarda schifato, in effetti non ho un bell'aspetto, sudata e sporca di fango, ma soprattutto ho l'espressione disperata di chi è inseguito da un branco di cinghiali infuriati. Gli spiego la situazione, ma sembra non capire l'italiano. Ad un certo punto mi fa un gesto stizzito, lascia la porta aperta e se ne va per tornare poco dopo con in mano un sacchetto di biscotti al cioccolato e un succo d'arancia. Dovrei ringraziarlo, ma sono allergica al succo d'arancia... come faccio a spiegargli che vorrei altro?
Non sono al supermercato.
Ci provo, ma ovviamente lui basito mi chiude la porta in faccia lasciandomi con i biscotti in mano e la bottiglia di succo sul gradino. Umiliante. Adesso ho del cibo che non posso ingerire perché dopo avrei ancora più sete. Sono fortemente incazzata con il mio senso dell'orientamento che da sempre mi odia e mi abbandona senza preavviso. Riparto e dopo poco noto un signore in un campo sopra un trattore, mi avvicino, gli spiego da dove arrivo e gli chiedo come fare per tornare alla civiltà. Lui dolcemente mi offre una gassosa temperatura ambiente e un passaggio sul trattore. Scopro che la macchina era parcheggiata a meno di un chilometro dal suo campo. Ce l'avevo fatta!
Accetto la gassosa che bevo avidamente ricordandomi quella che mia nonna teneva in cantina quando ero piccola e sapete una cosa? Accetto anche il passaggio sul trattore.
Non scherzo, ero distrutta.
Io, il trattore, la gassosa e il nonno divertente.

Simona Morbelli