Giovedì, complici i preparativi delle borse, il viaggio, la tabella di marcia, il parcheggio e il check-in a Courmayeur, mi perdo l’SMS con l’attivazione KIT FREDDO. Così lo scopro solo quando sono in coda per il ritiro pettorale e l’agitazione spacca all’istante il barometro. E adesso dove trovo degli occhiali protettivi? Soprattutto senza spendere una fortuna?
Ci penso e ripenso mentre sgrano la fila come un rosario.
Chiedo lumi ai volontari all’interno, ma dalle loro risposte pare che anche quelli nei sacchetti delle patatine potrebbero andare bene. Quindi meglio non fidarsi troppo e trovare un’alternativa ai miei occhiali da vista che hanno delle lenti così piccole che nemmeno per leggere alla sera a letto potrebbero essere considerati protettivi.
All’uscita sono evidentemente troppo teso, ma per fortuna il mio team di supporto ha già trovato un ferramenta in centro dove forse… altra coda e nell’attesa provo anche in una farmacia di fronte, ma ne hanno solo di graduati. Alla fine invece il mio santo protettore deve aver ascoltato le mie “preghiere” visto che da uno scaffale in alto, spostando un paio di guanti da giardinaggio e una pila di filtri per decespugliatori, mi trovano l’ultimo paio di un plasticone trasparente che praticamente mi copre metà faccia.
THE DAY
Tre imperativi in testa mentre attendo lo start: Stai calmo con il gas! Divertiti! Mangia regolare!
Pronti, partenza, via!
Sono nella prima wave, tra gli ultimi per numero di pettorale, una cosa che potrebbe farmi andare subito fuori giri, ma il recente DNF alla VUT e le successive analisi/promesse fatte risuonano come un mantra tra le pareti della mia scatola cranica mentre usciamo dal centro abitato di Courmayeur.
Fino al Bertone praticamente rispetto, calcolando i DNS, il numero che porto stampato ad altezza pancia.
Da lì ad Arnouvaz potrei spingere di più, ma mi ricordo che la gara è lunga ed è meglio alzare la testa e godere di quello che ho intorno, divertirmi insomma, e per aiutarmi “uso” anche un po’ gli altri corridori, hanno un passo più lento del mio, ma se mi metto dietro per qualche chilometro mi permettono di inserire pilota automatico e velocità di crociera.
La salita al Col Ferret, unico punto in cui il vento sembra voler dar ragione (senza per questo dovermi ulteriormente coprire) a quel Kit Freddo che tanto mi ha fatto impazzire il giorno prima, la prendo in modalità trattore: lento, costante, determinato.
Il grafico (dalle analisi dei giorni successivi) sul live che indica la mia posizione ai vari punti controllo inizia a puntare verso il basso, bene!
La successiva e lunghissima discesa verso La Fouly e oltre, è un altro tratto dove normalmente avrei rischiato di lasciar andare i cavalli (rischiando grosso), invece mi ricordo le parole di Corry qui sul forum e spesso, anche se la gamba sembrerebbe esserci, mi trattengo dall’aumentare i giri.
Il grafico scende ancora.
A Champex-Lac mi aspettano Valeria in zona assistenza e sorella + nipote a bordo lago. È la prima volta che chiedo a qualcuno di farmi assistenza e devo ammettere che il pensiero di trovarla lì ad aiutarmi e di volerci arrivare senza sembrare il fratello alto di Casper, mi hanno aiutato non poco nel rispettare i tre imperativi pre-start. Le sue parole quando mi siedo sulla panca, sono come una spalmata di arnica sul morale: “Non ti ho mai visto così bene in nessuna gara”. Poco prima di ripartire da bordo lago, azzardo una previsione sull’orario di arrivo per la prima volta da quando mi sono svegliato (altro buon segno): “Forse non costringo Valentina (mia nipote) a fare le ore piccole”. Mia sorella non sembra essere molto d’accordo, ma forse anche la sua è solo una tattica, come la mia fino ad ora, non andare troppo in là e stare nel momento.
Il grafico scende, scende, scende...
Mi rimangono 3 salite e altrettante discese penso mentre mi lascio il lago e il mio team alle spalle.
La Giète: in salita mi dà una bella legnata, dopo tanta discesa, piano e salitine corribili, anche se non è una vera crisi (non ne avrò nemmeno una alla fine). In discesa però le gambe vanno ancora molto bene e quelle poche posizioni che perdo andando in su, le recupero con gli interessi in giù.
Les Tseppes: si ripete il canovaccio de La Giète (bonus: il tifo di Hilary Gerardi che sta scendendo da spettatrice lungo il sentiero).
La Tête aux vents: IN-FI-NI-TA

E poi la discesa verso Chamonix, anche questa ricordo da molti descritta come lunghissima, e in effetti ad ogni cambio di direzione mi dico “adesso vedrò Chamonix” e invece la maledetta non arriva mai, mentre ormai anche il quadricipite destro decide di far sentire le sue rimostranze. Lascio andare tutto quello che ho ancora a disposizione e oltre, azzardo qualcosa perché ormai non è che sia così reattivo, ma arrivo al ponte che finalmente mi lascia sull’asfalto di Chamonix senza mai aver veramente rischiato di cadere.
Quando arrivo sotto l’arco, accompagnato da Valentina che mi chiede “È stata dura?”, le rispondo che no, non è stata poi così dura (sarà vero?) e alzo lo sguardo verso l’orologio, l’una non è ancora scoccata.
Chiudo in sub16, una previsione che neanche nei miei sogni più bagnati...
THE DAY AFTER
Era la mia prima volta a Chamonix, non sono un “senatore” del Trail e non è questo tempo/luogo per mettere in mezzo le scelte di UTMB sul proprio futuro, ma io non ho trovato una virgola fuori posto. Organizzazione eccellente (ma non ditelo a quelli a cui è saltato il live per qualche ora), ristori/volontari/pubblico gentilissimi e calorosi (anche di notte) e percorso nel complesso stupendo.
Per quanto riguarda la mia "prestazione atletica”… no, per una volta tanto quella passa in secondo piano (non troppo eh
