
Bravo e tenace nel finale, non è mai scontato riuscire a mantenere la determinazione per rimanere sul cammino. Tanta stima.
Sul perché lo facciamo...
Nel trail cerchiamo la montagna e la natura.
Nell'ultratrail in più c'è la stanchezza e la gestione di eventuali difficoltà. Se uno mette male il piede di solito prosegue lo stesso: "tanto tra 2 ore sono arrivato e c'è la doccia e la pasta ad aspettarmi".
Nell'endurance in più c'è la mancanza di sonno, lo sfinimento, quelli che sono problemi fisici minimi del primo giorno diventano ostacoli insuperabili, ci sono momenti bui, ogni avversità ci spoglia un po' del nostro coraggio e della nostra sicurezza. Pian piano siamo nudi, sull'orlo della crisi e continuiamo ad affrontare i nostri mostri interni ed esterni.
Mi piace la descrizione di Macchiavelli che ha citato Offriends (che non conoscevo): "la fortuna è per metà arbitra del nostro destino, ma ci colpisce là dove non abbiamo costruito argini o ripari"
Se ti colpisce la perfetta crisi sei fregato. Ma se gli argini che hai creato reggono, se le situazioni di crisi sono poche e "ben distribuite", se sei determinato e con i controxaxxi, magari ce la fai. In quei momenti assapori un gusto unico, che è quello del "riuscire nonostante tutto", "sopraffare le difficoltà" o in una parola troppo impoverita di significato "vincere".
Io continuo a voler fare questo tipo di gare appunto per questo: vedere quanto sono bravo a uscire dai momenti bui per sentire il gusto di "vincere".
Se una persona X qualsiasi mi chiede il perché lo faccio, lo guardo negli occhi: se brillano cerco di spiegargli la mia pazzia, altrimenti rispondo anche io "non lo so", non cabirebbe...