A volte si ha paura a mettersi in gioco, paura di stare male, di soffrire troppo, di incrinare il corpo o la mente. Ma se la testa è convinta, se il corpo non sta male, se si sono fatti i compiti a casa, allora si può andare!
Per la giornata è annunciato forte mal tempo, ma al mattino qualche sprazzo di cielo sereno ci conforta e l’atmosfera prima della partenza è allegra e spensierata. Si parte alle 7.30. I primi km non li conosco. Una salita su asfalto ripida ma breve screma il gruppo, e poi si entra su stradine sterrate piacevolmente corribili. Al passo dello Zovo, primo ristoro, il tempo si è fatto minaccioso, e quando iniziamo a salire il primo tratto impegnativo verso la croce di Marana, si vedono dal fondo valle avanzare colonne di acqua grigia. Si procede incolonnati perché qui è quasi impossibile superare. Davanti a me le prime tre donne della categoria master si danno battaglia, guai a mollare anche di un solo metro!
Raggiunta la croce, inizia un lungo traverso a tratti in cresta, a tratti nel bosco, piuttosto tecnico. Qui provo ad accelerare, ma qualche piccola contrazione dei muscoli delle gambe mi fa procedere con prudenza. Ciuccio un gel e stringo i denti. Arriviamo al secondo ristoro. Mi prendo qualche momento di pausa per mangiare qualcosa di solido e bere una coka, e le tre erinni scappano via veloci dopo aver trangugiato qualcosa al volo. Adesso c’è il punto più alto, una cresta tecnica, prima a salire e poi a scendere. Molto fango, bisogna fare attenzione, e raggiungo le tre fuggitive mentre imprecano contro una mancata deviazione del percorso, necessaria, secondo loro. Ma il tratto impegnativo è breve e dopo un po’ si prende una bella forestale e con questa, intervallata da qualche taglio nel bosco, si arriva a metà percorso; altro ristoro e cambio per chi fa la staffetta. Il brutto tempo che aveva continuato a seguirci, ma senza raggiungerci, qui lascia il posto ad un bel sole. Dopo il ristoro c’è un’altra salita bella ripida. Testa bassa, e si spinge con i bastoncini. Ritmo tranquillo, supero qualcuno in crisi nera. Arrivati al passo della Scagina, siamo praticamente al giro di boa della gara. Da qui si comincia a tornare indietro sul versante opposto a quello percorso. Si va verso cima Lobbia. Bosco, qualche tratto fangoso, sassi, pascoli. Si sale intervallando tratti pianeggianti ad altri più ripidi. Qui i crampi cominciano a farsi sentire in maniera prepotente. Prima o poi dovevano arrivare, lo sapevo. Sono demoralizzato, ma tengo duro e cerco di andare avanti comunque, piano ma senza fermarmi. Visualizzo un puntino rosso sulla mappa che avanza piano. Altri concorrenti sono nelle mie stesse condizioni e ci scambiamo di posizione di continuo. Arriviamo alla cima, un pascolo erboso/roccioso spazzato dal vento. Fiori e filo spinato, sembra di essere in guerra…
La discesa è brutta e si va più piano che in salita. Non pensavo di metterci tanto a fare questo tratto, i tempi previsti si allungano. Arriviamo a Campofontana, dove c’è un bel ristoro fornito. La torta sbrisolona è proprio buona! Mi tolgo un po’ di indumenti perché comincio a sentire il caldo. Mi allaccio bene le scarpe e metto via i bastoni. Le salite da qui in poi ci sono, ma sono brevi e meno ripide (sulla carta). Si inizia a scendere in un bosco su una traccia appena segnata. Anche qui fango, crampi e fare attenzione. Arriviamo in una zona più “civilizzata”, dove sentieri e stradine attraversano contrade a volte abbandonate, altre ben tenute e vive. Tanti torrenti da attraversare, l’ombra del bosco è piacevole. Raggiungo la terza delle fanciulle, che mi avevano superato scendendo la forestale che portava al rifugio Bertagnoli. Incrocio altri concorrenti con i quali scambiare qualche chiacchera e un incoraggiamento. Raggiungo anche la seconda donna che conosco. Scambiamo qualche parola, è stanca, soprattutto di testa. Io invece sto bene. Sapevo che prima o poi i crampi mi avrebbero dato tregua. Passiamo sotto ad una cascata spettacolare (Papalini, si chiama) dove si attraversa il torrente su due tronchi appaiati. Ancora stradine e contrade e qualche concorrente in crisi da superare in salita, spingendo con le mani sulle cosce. Da dietro di me, dalle montagne, arrivano nuvoloni neri e qualche tuono. Accelero, per quanto possibile, dovrebbe mancare poco. Infatti, dopo un breve tratto arrivo sull’asfalto e sento la musica e lo speaker. Un’ultima planata verso il paesino e la chiesa con la piazza dove c’è l’arrivo; li vedo laggiù, incassati nella valle. Traguardo, medaglia, sorriso. Appena sotto al tendone, con la birra e un panino in mano, mentre chiacchiero con la prima donna che mi è sfuggita, parte una grandinata da paura! Grazie, Giove pluvio